«Con Decaro dalla sorella del boss»: il racconto di Emiliano scatena la bufera. Il centrodestra: «Si sciolga subito il Comune»

«Con Decaro dalla sorella del boss»: il racconto di Emiliano scatena la bufera. Il centrodestra: «Si sciolga subito il Comune»
di Federica SABATO
9 Minuti di Lettura
Domenica 24 Marzo 2024, 12:08 - Ultimo aggiornamento: 25 Marzo, 20:05

«Sono certo che le autorità giudiziarie ed investigative interverranno prontamente per chiarire le frasi inquietanti pronunciate dal Presidente Emiliano sul palco davanti alla folla adulante e al fianco di un Decaro sorridente e assertivo». Va dritto al punto Ignazio Zullo, senatore di Fratelli d'Italia. Il riferimento è all'episodio raccontato da Emiliano riguardo all'accompagnamento di Decaro dalla sorella del boss per ottenere protezione. «È impensabile che le Autorità Giudiziarie possano lasciar cadere nel vuoto affermazioni così inquietanti, ne va dell'immagine complessiva della nostra città, della Puglia e del loro popolo ed anche della credibilità delle Istituzioni verso le quali occorre recuperare fiducia. Chi, come Decaro, è oggetto di minacce non va a lamentarsi dal suo amico ma va dalle forze dell'ordine o direttamente in Procura - sostiene il senatore - . E chi, come Emiliano, apprende di minacce non accompagna il minacciato dalla sorella del boss ma dalle forze dell'ordine o in Procura».

L'aneddoto

L'ultimo affondo, quello di Zullo, arriva al termine di una giornata densa di polemiche, scaturite ieri dopo il racconto che Michele Emiliano ha fatto ieri, dal palco della manifestazione di sostegno al sindaco Decaro. Lo stesso che, secondo il racconto del governatore, sarebbe stato minacciato con una pistola e poi portato a casa della sorella incensurata del boss Antonio Capriati. «Questi atteggiamenti non sono più tollerati», disse Emiliano alla famiglia del boss. È l'episodio raccontato dal presidente della Regione Puglia durante la manifestazione di ieri a Bari e che ha visto protagonista proprio Decaro, all'epoca dei fatti assessore della Giunta comunale guidata dall'attuale governatore, già sindaco.
L'episodio si riferisce agli anni in cui Decaro era assessore al Traffico e si era deciso di chiudere alle auto Bari vecchia. «Un giorno - ha detto dal palco Emiliano - sento bussare alla porta, Decaro entra, bianco come un cencio, e mi dice che era stato a piazza San Pietro e uno gli aveva ha messo una pistola dietro la schiena perché lui stava facendo i sopralluoghi per la Ztl.

Lo presi, in due andammo a casa della sorella di Antonio Capriati, che era il boss di quel quartiere, e andai a dirle che questo ingegnere è assessore mio e deve lavorare perché c'è il pericolo che qui i bambini possano essere investiti dalle macchine. Quindi, se ha bisogno di bere, se ha bisogno di assistenza, te lo affido». Poi, ha parlato della caratura antimafia di Decaro ricordando «che dopo pochi mesi andammo a confiscare tutte le case dei Capriati in piazza San Pietro».

La polemica

Il racconto di Emiliano ha scatenato la polemica e le reazioni del centrodestra con il senatore Gianluca Cantalamessa che ha annunciato la convocazione della Commissione parlamentare antimafia. Poi, la nota dei parlamentari pugliesi di Fratelli d'Italia: «Gravissime le parole del governatore. Un racconto indecente di quando Decaro, oggetto di minacce, non denunciò alle forze dell'ordine, ma si affidò ad un soggetto politico, l'allora sindaco Emiliano, che l'accompagnò a casa della sorella del boss per ricevere protezione. Si indignano verso i dovuti, legittimi e necessari controlli dello Stato e trattano con i clan? Siamo preoccupati».

La precisazione

Una polemica che ha costretto Emiliano, in serata, a diramare una nota di precisazione: «Ho raccontato un fatto realmente avvenuto quando chiudemmo al traffico Bari Vecchia. E di fronte ad un episodio nel quale avevano invitato il mio assessore ad andarsene dai luoghi dove stava lavorando andai di persona dalla sorella incensurata del boss Antonio Capriati, che avevo arrestato e fatto rinviare a giudizio e poi condannare per omicidio, per farle capire che le cose erano cambiate, che quegli atteggiamenti non erano più tollerati, che potevano rivolgersi all'assessore solo con modi civili ed educati (e qui l'iperbole "te lo affido se ha bisogno di bere, di assistenza") visto che si trovava lì per svolgere il suo lavoro». Emiliano ha ricordato che le case confiscate ai Capriati sono oggi centri sociali importanti: «Agii come avrebbe agito un carabiniere di fronte ad un fatto non perfettamente definito che andava stroncato con la autorevolezza della figura del sindaco che senza strepiti risolse ogni problema e mise tranquilli chi aveva creato problemi».


Il centrodestra

La polemica continua a infuriosare. Mauro D’Attis non molla e anzi rilancia: «Io faccio il vicepresidente della commissione antimafia. Andatevi a leggere la richiesta di custodia cautelare della Procura antimafia di Bari rispetto alle premesse sulla società Amtab che gestisce i trasporti nel Comune di Bari ed è sottoposta al controllo analogo. Si parla di un’infiltrazione massiccia del clan Parisi nella società di cui è socio unico il Comune. Se c’è un’infiltrazione di questo genere è automatico e doveroso l’intervento del ministro. Quello che non si capisce come mai in questi anni in cui il sindaco di De caro che in questi anni in cui ha fatto il sindaco dei sindaci non si è mai interessato delle centinaia di misure di accesso nei confronti di comuni quando per molto meno si sono sciolti. Decaro non faccia il negazionista: a Bari la mafia c’è e lui sarà anche un bravo sindaco ma il fenomeno mafioso supera i suoi problemi di carriera di Decaro. La mafia non aspetta i tempi delle elezioni della sua campagna elettorale alle europee ed è folle anche quella parte di opinione pubblica e di stampa che segue questo percorso. Perché la mafia si sconfigge anche stando in silenzio mentre le istituzioni fanno il loro lavoro». Decaro ha provato e elencarmi tra i clan mafiosi, credo sia stata una battuta di cattivo gusto. La manifestazine di Bari? Una strategia comunicativa perché vuole candidarsi alle Europee poi finché dicono che sono contro la mafia va bene». D’Attis risponde anche sulla foto che ritrae i parlamentari da Piantedosi, criticata dai più come uno scivolone: «Quello che sta accadendo è un po’ più grave di una foto. Se avessimo voluto fare un complotto non ci saremmo fatti una foto con Piantedosi».


Anche secondo Adriana Poli Bortone, ex ministro e candidata sindaco del centrodestra al Comune di Lecce la scelta dei parlamentari è stata “doverosa”: «Sarebbe sconcertante se di fronte a una situazione di questo tipo restassero fermi». Sulla questione interviene nuovamente anche Maurizio Gasparri: «Condividiamo l'appello di Decaro - dice il presidente dei senatori di Forza Italia -: Giù le mani da Bari da parte sua ed Emiliano. Giù le mani da Bari da parte di quella sinistra che non si è accorta che le aziende municipalizzate venivano invase dalla criminalità. Giù le mani da Bari da parte di Decaro, che con la delega alle municipalizzate non ha fatto nulla per impedire fatti degradanti che offendono Bari ed i baresi». «Premesso che Il ministro dell’Interno e il prefetto possono avviare una procedura finalizzata alla verifica dell' esistenza dei presupposti per lo scioglimento del comune per infiltrazioni mafiose e che stare al governo non vuol dire non preoccuparsi più di quanto avviene nella propria città o disinteressarsi del proprio territorio - aggiunge il vice ministro Francesco Paolo Sisto - . Noi tutti parlamentari di centrodestra abbiamo chiesto un incontro con il ministro chiedendo chiarezza perché la difesa della città di Bari è assolutamente legittima e doverosa. Quello che sta accadendo per me è strano perché un sindaco che non ha nulla da rimproverarsi di fronte a questo doveroso accertamento avrebbe dovuto dire "prego venite e verificate come l'amministrazione ha lavorato". Invece - conclude -noi abbiamo assistito a una performance artistico teatrale del sindaco che si è tolto la fascia. Ho trovato questa resistenza autoreferenziale». «La risposta per me è una sola, con la mafia non si tratta»: lo afferma in una nota il ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, Roberto Calderoli, sul caso delle parole dette dal presidente della regione Puglia Michele Emiliano a Bari. «Finora non ho voluto occuparmi delle vicende della Città metropolitana di Bari, e neanche commentarle, perché le sta seguendo in maniera impeccabile il ministro deputato a farlo, Matteo Piantedosi», aggiunge Calderoli. «Lo faccio - spiega - perché ieri durante la manifestazione a sostegno del sindaco, Decaro si è allargato il perimetro anche in un ambito regionale alla luce delle parole del governatore pugliese.   Per anni abbiamo vissuto la vicenda della trattativa Stato-mafia e i relativi lunghissimi processi e oggi mi domando: cosa cambia in questo caso?  Io mi sarei aspettato - spiega ancora il ministro - che l'allora assessore Decaro, oggetto di minacce e intimidazioni, con una pistola puntata alla schiena stando a Emiliano, si rivolgesse immediatamente alle autorità proposte, per cui o alla magistratura o alla Polizia Giudiziaria. L'assessore allora ha ritenuto invece di rivolgersi al suo sindaco e non si capisce se lo fece in quanto suo "superiore" o perché ex procuratore della Dia, ancora meno comprensibile è perché il suo sindaco, da ex magistrato, non abbia ritenuto opportuno rivolgersi agli ex colleghi della Procura o alla Polizia giudiziaria e abbia preferito rivolgersi alla sorella, seppure incensurata, di un boss condannato all'ergastolo, a capo di un clan sommerso da condanne da 350 anni di reclusione per omicidi e spaccio di droga tra i vari reati commessi. La sorella sarà anche stata incensurata ma a detta di Emiliano questo "affido" ha fatto sì che l'assessore Decaro poi non fosse più minacciato e quindi il progetto Ztl a Bari venisse realizzato: per cui, a mio parere, questa trattativa è andata a buon fine. Quello che mi spiace in tutta questa vicenda che soggetti rappresentativi di enti costitutivi della Repubblica non abbiano scelto di rivolgersi ad altri soggetti costitutivi, come lo Stato, ma abbiano preferito trattare con singoli cittadini, per carità degli incensurati, ma pur sempre parenti di esponenti della criminalità organizzata condannati all'ergastolo. Un qualunque altro sindaco o assessore, per perorare una giusta causa, una Ztl per fare un esempio analogo, ora dovrebbe rivolgersi in Procura o andare in privato da persone incensurate ma vicine al boss locale? La risposta per me - conclude Calderoli - è una sola, con la mafia non si tratta».

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