Persefone era figlia di Zeus e di Demetra. Il dio degli inferi, Ade, la rapì e la portò nel suo regno per farla sua sposa. La madre Demetra, folle di dolore per la perdita della figlia, decise di condannare la Terra alla sterilità impedendo la nascita di qualunque pianta. La carestia falcidiava l’umanità, così si raggiunse un accordo con il padre degli dei, Zeus: Persefone sarebbe tornata ogni anno per sei mesi sulla Terra. Così Demetra aspettava il ritorno della figlia facendo rinascere la natura.
Quello di Demetra e Persefone è il mito legato alla fertilità e ai cicli agricoli, proprio il culto che gli antichi Messapi celebravano nel santuario di Monte Papalucio, fuori dalle mura della grande e importante città di Oria. La sacralità di quel luogo, unico in tutto il territorio, e la raffinatezza della cultura dell’antico popolo del Salento rivivono oggi grazie al Museo Archeologico di Oria e dei Messapi.
La struttura, ospitata a Palazzo Martini, a pochi passi dall’acropoli dove sorgeva il palazzo del temuto e magnifico re messapico Artas, è stata inaugurata ieri alla presenza delle più importanti autorità civili e culturali del territorio. Il Museo riprende le collezioni di reperti messapici che già c’erano in città e le amplia con altri pezzi di pregio che fino ad ora erano sparsi in diverse sedi della Puglia. In particolare, tornano ad Oria gli importanti reperti emersi negli scavi di Monte Papalucio che molto ci dicono sulla religione e sulla vita quotidiana dei nostri antenati. “E’ dal mito che dobbiamo ripartire, dal racconto e dai culti femminili di Demetra, Persefone e Afrodite. Molto abbiamo da lavorare per valorizzare questo grande patrimonio” ha detto il professor Francesco D’Andria, uno dei pionieri degli scavi archeologici a Monte Papalucio e membro del comitato scientifico che ha curato la nascita del Museo.
Ha tagliato il nastro all’ingresso delle sale il vescovo della Diocesi di Oria, Vincenzo Pisanello, che ha speso parole di grande apprezzamento per il lavoro fatto e si è soffermato sull’importanza della valorizzazione dei beni artistici locali. Gremita come nelle grandi occasioni la sala conferenze di Palazzo Martini.