Forte, libero e coraggioso: i 50 anni del “Valle d’Itria”

Forte, libero e coraggioso: i 50 anni del “Valle d’Itria”
di Anita PRETI
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Martedì 23 Aprile 2024, 05:00

“Norma” di Bellini, “Ariodante” di Haendel, “Aladino e la lampada magica” di Rota sono le tre opere scelte dal Festival della Valle d’Itria per il cinquantenario della sua programmazione. Rispettano, come sempre, un arco temporale della musica, dal Settecento al Novecento, e le linee guida di una manifestazione ritenuta tra le maggiori della cultura italiana. Appuntamento il 17 luglio nel Palazzo Ducale di Martina Franca e nei giorni successivi in altri luoghi-simbolo della cittadina e nella sua splendida campagna, dove in mezzo secolo tutto è mutato anche grazie al Festival, come ha sottolineato Gianfranco Palmisano, sindaco di Martina Franca, intervenendo ieri al Piccolo Teatro di Milano alla prima delle conferenze stampa (la prossima a Roma, tra meno di un mese) per la presentazione del cartellone e trovandosi d’accordo con Roberto Venneri, segretario generale della presidenza della Regione Puglia in rappresentanza di Michele Emiliano. A Venneri il merito di aver sottolineato le sinergie che il Festival in questi decenni ha saputo creare in Puglia facendo riferimento esplicito al Petruzzelli. Ma non andrebbe esclusa l’Orchestra della Notte della Taranta, che una volta ha trovato posto su questo palcoscenico al quale, più presto di quanto si pensi, verrà donato come amico per la strada da percorrere un auditorium della musica: parola di sindaco.

Il cartellone

Il cartellone di questo Festival - che il presidente Michele Punzi ha definito forte, libero, coraggioso - è stato illustrato dal direttore artistico Sebastian F.Schwarz.

Oltre alle tre opere e all’esecuzione della Nona di Beethoven, diretta da Riccardo Frizza il 3 agosto, preceduta il 31 luglio dal concerto della Banda musicale dell’Esercito italiano diretta da Filippo Cangiamila, rispetta la tradizionale scansione degli annuali appuntamenti: il concerto cosiddetto per lo Spirito (con un’altra infornata di musica barocca); quelli “del sorbetto”, che devono il nome al fresco gelato offerto dopo l’esecuzione pomeridiana; e quelli in masseria, lasciando spazio qui alle giovani voci dell’Accademia del belcanto (e qui è stato lodato da Venneri il merito della formazione continua e della programmazione sull’intero anno svolte dalla Fondazione “Paolo Grassi”). Invece una voce ritenuta immensa, quella di Renata Tebaldi, coronò, per un recital, la prima edizione del Festival aperta il 27 agosto 1975 da “Orfeo e Euridice” di Gluck rappresentata nello stesso luogo di oggi, presente al centro un grosso cedro che fu poi sacrificato alla musica. Non è a quest’opera che si sono rivolti gli organizzatori: Schwarz, direttore artistico, anche i dioscuri Fabio Luisi, direttore musicale, e Rino Carrieri, direttore della Fondazione “Paolo Grassi”, autentico motore del Festival azionato sotto lo sguardo affettuoso e complice del nuovo presidente, Michele Punzi (tranne Luisi, in collegamento video, erano tutti presenti in conferenza).

La scelta è caduta su “Norma”, che rappresenta nella storia del Valle d’Itria il primo dei successi filologici ai quali è stato abituato il pubblico. Senza scendere nei dettagli dell’attribuzione “per due soprani” a lungo sventolata e sulla quale farà chiarezza il maestro Luisi nella sua “lezione d’opera” (il 19 luglio, alle 21, nel chiostro di San Domenico), basti sapere che si ripropone questo capolavoro secondo lo schema ideato dal compositore per la prima del 1831 alla Scala: voce scura per Norma, voce chiara per Adalgisa, sua rivale in amore. Si cimentano nell’impresa i soprani Jacquelyn Wagner e Valentina Farcas, mentre il tenore Airam Hernandez è Pollione, l’amato. “Norma”, più volte diretta all’estero da Luisi, rappresenta questa volta per lui quasi la prova generale di quella che dirigerà alla Scala nella prossima stagione. Alla Scala, con tutte le sue periodiche presenza, si apparenta anche il regista Leo Muscato, martinese d’origine: a lui il Festival ha commissionato il docufilm “L’utopia della Valle” (23 luglio) scritto con il giornalista Massimo Bernardini (che sta per lasciare la conduzione di “Tv Talk”) e Laura Perini, con la consulenza musicale di Carla Moreni. In tutto il resto della programmazione serpeggia il talento, l’identificativo del Festival. Il barocco dell’“Ariodante” diretto da uno specialista, Federico Maria Sardelli; il Novecento di Nino Rota, con il soprano Claudia Urru e il basso Francesco Maria Romano, sul podio Francesco Lanzillotta, per l’“Aladino”, non nuovo da queste parti perché realizzato un pugno di anni fa dal conservatorio di Monopoli ma ottimo grimaldello per inserire il Coro delle Voci bianche diretto da Angela Lacarbonara. Scortano direttori e interpreti l’Orchestra e il Coro del Petruzzelli, l’Orchestra Barocca Modo Antiquo, l’Ico Magna Grecia (per il concerto finale del 6 agosto) e tre registi: Nicola Raab, Torsten Fischer, Rita Cosentino. Poi c’è tutto il resto (arte e convegni inclusi), compresa l’inaspettata incursione delle drag queen per uno spettacolo teatrale di Francesco Micheli. Una ventata di follia che occorre accogliere con benevolenza per rimanere sani e soprattutto ricchi di fantasia.

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