Intervista a Loredana Lipperini: «Booktoker salvalibri ma lasciamole libere»

Intervista a Loredana Lipperini: «Booktoker salvalibri ma lasciamole libere»
di Claudia PRESICCE
5 Minuti di Lettura
Venerdì 12 Gennaio 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 08:54

E se proprio i vituperati social diventano il più potente detonatore per incentivare la lettura tra i giovani, in un momento in cui nient’altro ha lo stesso potere? Che cosa succede se i ragazzi imparano a scambiarsi consigli di lettura, creando anche “titoli virali”? È una splendida notizia. Il pericolo più grande? Che gli adulti aguzzino l’ingegno per approfittarsene… «È un fenomeno molto interessante e da studiare, ma non da sfruttare però come si è già verificato con i Blog e con Instagram, quando si è capito che le giovani lettrici potevano muovere il mercato: gli editori ovviamente ci si sono buttati a capofitto rovinando tutto» parola di Loredana Lipperini.

La scrittrice e autrice radiotelevisiva Rai sarà ospite domani in Salento del progetto Translego per parlare proprio di queste tematiche nel corso “I media. Lettori social. Youtube, TikTok e l’influenza sulle abitudini di lettura tra infanzia e adolescenza” dedicato a docenti. L’appuntamento è presso Kora Contemporary Arts Center di Castrignano dei Greci dalle 10 alle 13 (progetto “Translego. Suscitare e accompagnare lettori tra infanzia e adolescenza” è promosso da Ventitré10 APS, finanziato dal Centro per il libro e la lettura nell’ambito del Bando “Educare alla lettura 2022” e nasce dalla collaborazione con le associazioni amiche VeleRacconto, Random-Kora, ArciCassandra e una rete di librerie, biblioteche, scuole, Comuni e Università). 


Cominciamo dall’inizio: social, lettura e adolescenza è il tema di cui domani parlerà in Salento. 
«Parleremo di come le adolescenti utilizzano i social per la condivisione letteraria, ovviamente nei “loro” social, cioè non Facebook che è ormai usato dagli adulti, ma un po’ Instagram e soprattutto TikTok. Da circa due anni durante la pandemia è iniziato questo fenomeno di condivisione della lettura ed è davvero interessante perché può rimettere in circolazione libri importanti, non sempre semplici. Penso ad esempio a “Una vita come tante” di Hanya Yanagihara o addirittura a “Dio di illusioni” di Donna Tartt scritto negli anni Novanta: tornano a circolare, e anche a vendere molto, soltanto grazie alle condivisioni delle booktoker. È un fenomeno molto interessante e da studiare, ma non da sfruttare…». 


Scusi Loredana, spieghiamo perché parliamo soltanto di “lettrici”?
«Perché sono in maggioranza femmine, dal punto di vista generale e numerico: ci sono anche i ragazzi, ma le booktoker sono quasi sempre ragazze. Niente di strano perché rispecchiano i numeri Istat, la solita faccenda delle lettrici che da sempre superano i lettori. E non è proprio un bene direi, un’arma a doppio taglio che ci si rivolga solo alle lettrici… Anche perché nei confronti delle scrittrici resta poi uno stigma».

Facciamo un passo indietro, le “booktoker”: forse non tutti sanno cosa sia e come funzioni Booktok. 
«In due parole sono ragazze che stanno su TikTok e che, in vari modi, dalla lettura condivisa al consiglio e a una sorta di recensione, parlano semplicemente di libri veicolando i loro preferiti».

Quindi chiunque sia su TikTok può seguire queste ragazze. Esiste davvero una connessione importante dunque tra possibilità di incentivare la lettura e questi social… 
«Assolutamente sì, ma sempre a una condizione.

Finché resta libera e non è guidata dall’alto, altrimenti si sgonfia. In passato è avvenuto già che l’editoria abbia messo le mani sulle bookblogger poi sulle giovani lettrici di Instagram o su alcune booktoker, finendo per fare soltanto danni. Meglio lasciarle tranquille queste ragazze, libere di decidere e scegliere, tanto sono imprevedibili. Certo le scelte sono varie: c’è anche Erin Doom tra i libri che consigliano, come signori libri tipo quello di Donna Tartt. Non è per denigrare il romance, per carità, ma è solo per spiegare che le giovanissime non parlano solo di romanzi come ci si aspetterebbe. Quindi la mia risposta è sì, influenzano e molto la lettura, ma ho paura a dirlo perché mi rendo conto che, in un mondo ristretto e in crisi come quello dell’editoria italiana, è facile che nasca il desiderio di tuffarsi dentro questa cosa come fosse l’Eldorado. Ma invece, in questa capacità di influenzare, la libertà è tutto».

Come, secondo lei, il web invece si relaziona più in generale alla narrazione contemporanea, al giornalismo e anche al crollo della lettura su carta stampata? 
«È un discorso complesso, direi intanto che alcuni social, in particolare Facebook, hanno influenzato il cambio di passo nella narrazione: quindi il proliferare di autofiction nel mondo dell’editoria si deve anche alla nostra sovraesposizione sui social. Per quanto riguarda il giornalismo non è solo una questione del web, è una responsabilità direi divisa a metà. In parte dipende dal modo in cui i giornali, alcuni di più, inseguono il linguaggio dei social, ma dall’altra parte va segnalata la ovvia difficoltà di mantenere la sana abitudine della lettura su carta stampata, superando la sensazione che quando chiudi il giornale sia già superato».


Sul suo blog “Lipperatura” ha parlato di Acca Larentia e dei saluti fascisti. Sul web è stato importante vedere l’immagine per poterla stigmatizzare, ma non c’è il rischio che si sdoganino certi gesti e si crei emulazione? 
«Difficile dire, io ne ho parlato sì, ma non ho ripostato l’immagine per esempio. Credo che cambi molto il modo individuale in cui si trattano le cose, tuttavia è sempre giusto parlarne. Però mi piacerebbe che non ci si inchiodasse a quell’immagine, seppur terribile, tornando alle emergenze che ci attanagliano come il welfare soprattutto».
Ha lì ricordato un articolo di Alessandro Leogrande in cui segnalava il pericolo di Casa Pound e si chiedeva: perché è così difficile oggi ridire pubblicamente “no al fascismo”? 
«Alessandro diceva sempre cose illuminate e mi sono ricordata del suo bellissimo articolo che avevo in archivio, mi sembrava giusto riportare le sue parole. Questa frase che potremmo dire oggi, lui la diceva lucidamente tanto tempo fa: era il 2012».
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