Il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, lo ha detto chiaramente: «Potrebbero essere necessarie misure a sostegno della ricapitalizzazione delle imprese per evitare un problema generalizzato di eccesso di indebitamento». E se lo dice il governatore, è il caso di credergli. Come al solito, però, giocare d’anticipo fa la differenza. Vale anche per la catena di fallimenti che la crisi-Covid potrebbe far scoppiare l’anno prossimo se non si troverà subito una macchina anti-crac. Tra moratorie, prestiti garantiti, blocco delle dichiarazioni di fallimento, espansione della Cig, stop ai licenziamenti, e posticipo degli adempimenti fiscali, finora le misure del governo hanno evitato il peggio per centinaia di migliaia di imprese. Ma il rischio di produrre un esercito di aziende zombie è dietro l’angolo. Se prima di allentare le misure d’aiuto non si troverà il capitale necessario per ripartire, nel 2022 il conto busserà alle banche.
Due sole leve
E allora ci sono due leve sulle quali agire: evitare che il buco da Covid finisca di colpo nel bilancio erodendo il patrimonio e ripatrimonializzare l’impresa anche con incentivi pubblici che spingano nuovi soci a sostenere il progetto di rilancio.
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Dati allarmanti
Nello stesso tempo, non si possono sottovalutare dati allarmanti come quelli che arrivano dal commercio. Il tasso nati/mortalità di imprese è pari allo 0,9: nascono meno imprese di quante ne chiudono. Mentre il numero di procedure concorsuali aperte è in linea con quello degli anni scorsi: un segnale da non sottovalutare, tenuto conto del minore tempo a disposizione per depositare procedure e di tutte le moratorie in corso. Ecco perché «soprattutto in vista dell’avvio a settembre delle nuove procedure previste dal Codice della crisi d’impresa», sottolinea Sandro Pettinato, vice segretario generale di Unioncamere, «serve affiancare alla tradizionale valutazione di tipo economico finanziario, una valutazione che si basi su segnali “deboli” anticipatori di una potenziale crisi». Altrimenti «si finisce per arrivare tardi e perdere un pezzo importante di rischiosità dell’impresa», dice Pettinato. Ancora più urgente è la tempestiva modifica del nuovo Codice della crisi, che fa scattare da settembre stringenti segnalazioni di insolvenza a carico delle imprese.
Decollo difficile
Intanto, il Fondo Patrimonio Pmi da 4 miliardi di Invitalia per la patrimonializzazione delle imprese tra i 10 e i 50 milioni di fatturato stenta a decollare: non sono molte le aziende disposte a puntare risorse fresche in una fase di incertezza. Anche il Fondo di Cdp per sostenere gli aumenti di capitale delle grandi imprese, è ancora ai blocchi di partenza. Mentre il sostegno della Simest in questa direzione, presuppone la spinta all’estero. Un buon inizio, ma non basta. Per ricostruire, anche attraverso strumenti ibridi, centinaia di migliaia di patrimoni bruciati dal Covid, serviranno nuove strade.