Casarano, ucciso in piazza: «Quadro allarmante, ora rischio rappresaglia»

L'abbraccio tra moglie e marito prima dell'arresto
L'abbraccio tra moglie e marito prima dell'arresto
di Roberta GRASSI
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Martedì 5 Marzo 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 6 Marzo, 08:02

«Un quadro estremamente allarmante, un efferato omicidio commesso con particolare spregiudicatezza, in pieno giorno, in una piazza centrale del paese, molto affollata con il pericolo di coinvolgimento di terzi estranei». E infine il «rischio di una rappresaglia» che viene evidenziato nelle esigenze cautelari. Vendette incrociate che in un territorio da sempre al centro di equilibri instabili della criminalità organizzata, non si possono escludere dopo quello che è successo. 

Le ragioni del fermo: oggi l'interrogatorio

Lo scrivono le pm Giovanna Cannarile (Dda) e Rosaria Petrolo nell’esplicare le ragioni per cui hanno disposto il carcere per Lucio Sarcinella, 28 anni, reo confesso dell’omicidio di Antonio Amin Afendi, 33enne, un delitto premeditato - stando alle attuali ricostruzioni dei carabinieri - avvenuto in pieno giorno, sabato scorso, a Casarano. Sono due le persone formalmente indagate. Nell’avviso di conferimento dell’incarico per l’autopsia della vittima, fissato per domani, figura anche il nome di Andrea Sabato, 27enne di Matino, colui il quale era alla guida dell’Audi A3 nera a bordo della quale è stata raggiunta piazza Petracca, a Casarano, attorno alle 11.

Uno dei due, come si diceva, è stato raggiunto da un decreto di fermo. L’altro è in stato di libertà: il suo ruolo nell’intera vicenda è sottoposto al vaglio degli inquirenti. Anche sulla base di quanto, subito dopo i fatti, ha dichiarato Sarcinella che si è attribuito l’esclusiva responsabilità dei fatti. Sarà riascoltato questo pomeriggio dal gip Anna Paola Capano, nel corso dell’udienza di convalida del fermo che sosterrà al fianco del suo avvocato Simone Viva. Il presunto complice, che Sarcinella ha voluto fermamente scagionare, è assistito dall’avvocato Giovanni Carlo Carlino. Il delitto è contestato con l’aggravante della premeditazione, ma non con sfumature legate alla malavita organizzata. Indaga comunque la Direzione distrettuale antimafia perché il contesto in cui si è verificato il delitto è indubbiamente contraddistinto da contatti con la Sacra corona unita. Bisognerà ora comprendere se e in che misura le vecchie storie, che traggono origine da fatti datati come l’omicidio di Augustino Potenza nel 2016, abbiano avuto ripercussioni sull’ultimo episodio. La ricostruzione è stata possibile grazie al contributo dei testimoni, alla confessione, ma anche per l’esistenza a Casarano di impianti di videosorveglianza pubblici e privati per mezzo dei quali è stato possibile effettuare riscontri. Alle 11.10 la prima chiamata che segnalava la presenza di una persona riversa per terra. Tre i colpi d’arma da fuoco sparati con una 357 magnum, illegale. Uno mentre era in piedi, l’altro mentre stava cadendo per terra. E l’ultimo, mentre era già disteso, esanime. Il movente indicato sarebbe da ricercare in una serie di atteggiamenti minacciosi rivolti alla moglie di Sarcinella, dopo l’accoltellamento del padre per strada, al semaforo, per il quale proprio Afendi era stato condannato. 

La confessione 

Questa la narrazione offerta dal principale indagato: «Ero in macchina, insieme ad Andrea Sabato. Erano circa le 10.30. Poco dopo ho ricevuto la chiamata di mia moglie (che gli aveva riferito di aver subito minacce, in particolare il gesto, mimato, di tagliare la gola, ndr). A questo punto, non capendo più nulla, mi sono diretto insieme ad Andrea verso una campagna sita sulla via per Taurisano». Lì, a quanto riferito era nascosta una pistola pagata 400 euro e acquistata sei o sette mesi prima a Casarano. «Il mio amico - la precisazione - non era a conoscenza che io avessi la disponibilità di un’arma. Durante il tragitto ho più volte ripetuto “Basta, io questa volta lo ammazzo”». All’amico avrebbe quindi intimato: «Porta questa macchina, stai zitto, ora me la prendo pure con te». All’arrivo in piazza, avrebbe quindi richiamato l’attenzione di Afendi, che sarebbe rimasto a circa un paio di metri dall’auto. «A quel punto - aggiunge - ho aperto la portiera e mentre ero ancora seduto ho sparato un primo colpo che ha colpito Afendi che ha iniziato a barcollare, sono sceso dalla macchina e ho esploso il secondo colpo e poi ancora, dopo che lo stesso era già a terra, ho esploso il terzo». 
Infine: «Sono ritornato in auto e Andrea mi ha detto “Lo sapevo io che finiva così, ti sei rovinato la vita». Poi l’abbraccio con la moglie, la telefonata ai parenti, l’arrivo in caserma con l’avvocato Viva. La pistola, che era stata nascosta in campagna, è stata ritrovata su indicazione dello stesso indagato. Oggi Sarcinella potrà ribadire la propria versione dei fatti. Domani il conferimento di incarico per l’autopsia.

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