Certificati falsi per lavorare nella scuola (come personale Ata): citazione diretta a giudizio per 41 collaboratori scolastici nel Salento

Certificati falsi per lavorare nella scuola (come personale Ata): citazione diretta a giudizio per 41 collaboratori scolastici nel Salento
di Roberta GRASSI
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Giovedì 16 Maggio 2024, 21:24 - Ultimo aggiornamento: 19 Maggio, 12:08

Truffa e anche ipotesi di falso per aver “falsamente” autocertificato, secondo la Procura, il possesso di titoli per avanzare nelle graduatorie del personale Ata del ministero dell’Istruzione e della Ricerca. 
Il pm Maria Consolata Moschettini ha emesso un decreto di citazione a giudizio nei confronti di 41 persone. Secondo l’accusa attestato fittiziamente di possedere alcuni titoli in grado di garantire l’accesso “privilegiato” alle liste di terza fascia. Da qui incarichi in Puglia, ma anche fuori regione. Per lo più in provincia di Milano. A fornire le certificazioni, i vertici di cooperative di Poggiardo e Taurisano. Si trattava quasi sempre di documentazione che risultava derivare da scuole paritarie. E in cui venivano riferite prestazioni professionali che in realtà non ci sarebbero mai state.
Gli episodi narrati sono una 40ina. Il processo inizierà il 4 dicembre dinanzi al giudice monocratico Annalisa De Benedictis, con l’udienza predibattimentale. Si parla di collaboratori scolastici e altro genere di figure “amministrative”. 

La vicenda

Secondo l’accusa le condotte dei bidelli avrebbero danneggiato il ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca per una somma uguale allo stipendio lordo percepito “indebitamente”. E probabilmente destinato ad altre persone che in realtà avevano i requisiti per ottenerlo. Tutti, in sostanza, avrebbero “autodichiarato” di aver già prestato servizio presso altri istituti. Tutto ciò per l’aggiornamento delle graduatorie relative al triennio 2017 - 2019. Una volta attivate le verifiche avrebbero presentato documenti “a posteriori” che gli investigatori non hanno ritenuto rispondenti alla realtà. I fatti contestati si riferiscono a un periodo compreso tra il 2015 e il 2020. 
In sostanza, stando a quanto è stato ipotizzato, per ottenere un punteggio più elevato - lo stabiliva il bando per l’inserimento nelle graduatorie - sarebbero state utili attestazioni di vario tipo su attività lavorativa precedentemente svolta nelle cooperative. 
Le verifiche degli investigatori hanno poi fatto emergere che l’occupazione dei lavoratori non era stata preceduta dalla prescritta comunicazione dell’assunzione al Centro per l’impiego con l’invio del modello Unilav, che va trasmesso il giorno precedente all’instaurazione del rapporto di lavoro. Non risultavano trasmessi all’Inps i dati delle retribuzioni, non era stata inviata all’Agenzia delle entrate la certificazione dei redditi percepiti. Dunque non c’era stato contratto di assunzione e i lavoratori non risultavano iscritti a «libro unico della cooperativa». 
Tutti elementi tali da far ritenere che la prestazione lavorativa in realtà non fosse stata mai fornita, ma che invece la sua esistenza sarebbe stata autocertificata per trarre in inganno il Miur, con «artifici e raggiri». A dicembre via al processo. Il collegio difensivo è composto dagli avvocati Luigi Corvaglia, Alberto e Alessandro Ghezzi, Oronzo Maggiulli, Dimitry Conte, Stefania Bello, Arianna Lezzi e Dario Paiano. 
 

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