Bpp premiata a Milano, Buscicchio: «Insieme a famiglie e imprese per sostenere il Sud»

Mauro Buscicchio
Mauro Buscicchio
di Paola ANCORA
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Giovedì 7 Dicembre 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 09:26

«Una banca del territorio vive e si sviluppa in relazione al territorio, che significa avere un rapporto diretto con le persone». Partendo da qui, dalle persone, il direttore generale di Banca popolare pugliese Mauro Buscicchio racconta la transizione digitale dell’istituto di credito, «indispensabile per migliorare l’operatività e i rapporti con i clienti, ma quando si aumenta la tecnologia vanno accresciuti anche il dialogo e la presenza fisica accanto alle persone. Un punto fermo, imprescindibile e necessario, della trasformazione che stiamo portando avanti». Una trasformazione che aggancia lo sviluppo del territorio e lo accompagna, che ne esamina le difficoltà e propone soluzioni per contribuire a risolverle, in un dialogo costante con la Puglia e con il Sud che della Bpp sono l’orizzonte di riferimento. Una trasformazione, ancora, che è valsa a Bpp il premio «per i risultati ottenuti dall’attività bancaria tradizionale in un cointesto sfidante e per il presidio del territorio con un modello innovativo di filiale» consegnato a Milano, nei saloni dell’Hotel Principe di Savoia, nell’ambito della serata “Future Bancassurance Awards”, organizzata da EMF Group.

Direttore, nei giorni scorsi sono state presentate varie classifiche sulla qualità della vita. Il Sud e le province pugliesi non brillano affatto. Dall’osservatorio privilegiato che è la banca che lei dirige, qual è la situazione, quali le prospettive?
«Il Mezzogiorno è da sempre indietro rispetto al Centro Nord e le classifiche cui fa riferimento confermano l'esistenza di questi gap storici. Partiamo, dunque, da una situazione di debolezza che è stata fortemente influenzata da scenari ed eventi esterni che non dipendono dalle politiche interne al Paese. L'inflazione e il conseguente aumento dei tassi d'interesse da parte della Banca centrale europea, il conflitto in Ucraina, la difficoltà nel reperimento delle materie prime. A questo aggiungiamo le tensioni in Medioriente che contribuiscono ad accrescere la diffusa sensazione di incertezza che, insieme alla dinamica inflazionistica, scoraggia gli investimenti delle famiglie e quelli delle piccole imprese, le meno patrimonializzate. Infatti il mercato immobiliare è praticamente fermo e registriamo una forte riduzione delle richieste di finanziamenti per investimenti».

Quali sono i settori in maggiore sofferenza?
«Quelli che vendono al dettaglio e non hanno importanti sbocchi di export: l'artigianato, l'agricoltura. Il turismo è l'unico elemento di traino nella nostra regione. Tuttavia, non abbiamo ancora segnalazioni di situazioni di forte difficoltà o di insolvenza: penso non ci ritroveremo in una bufera come quella che si scatenò con la crisi dei subprime nel biennio 2008-2009. L'ultimo rapporto di Bankitalia segnala che la Puglia cresce ad una velocità in linea con quella del resto del Paese. Probabilmente la Bce non ridurrà a breve i tassi di interesse perché teme che le tensioni geopolitiche internazionali aggravino il problema dei prezzi dei prodotti energetici, ma è attesa una riduzione per il 2024. Bisogna aspettare e, nel frattempo, concentrarsi sulle tante sacche di difficoltà ben descritte da Svimez nel suo ultimo rapporto».

Per esempio? Cosa l'ha colpita del rapporto Svimez presentato martedì scorso?
«I divari fra Nord e Sud del Paese si misurano e si alimentano su alcuni nodi ormai strutturali che vanno sciolti, come la fuga dei laureati e la carenza di servizi alle famiglie. Come si fa a combattere la denatalità e la scarsa occupazione femminile se mancano i servizi? Queste carenze sono croniche. È aumentata l'occupazione, ma è precaria, ed è cresciuta quindi anche la povertà. C'è un problema di salario minimo da assicurare al lavoratore».

Svimez pone l'accento anche sui cambiamenti climatici e sulla transizione energetica, specificando che se non ci preoccuperemo di investire nella manifattura indispensabile nella costruzione di una filiera dell'energia, allora avremo sprecato un’occasione. È d'accordo?
«Il cambiamento climatico finora è stato derubricato a problema che riguardava sempre qualcun altro.

Un enorme errore di prospettiva che ora stiamo pagando caro. Alcune norme del Green Deal europeo coinvolgeranno tutti: le imprese dovranno non soltanto rendicontare le loro politiche di sostenibilità, ma anche predisporre obbligatoriamente dei piani di adeguamento qualora la loro attività superasse un certo limite di emissioni inquinanti. Un cambiamento che interesserà la singola impresa e la sua catena del valore, cioè tutta la filiera produttiva. Anche le banche saranno coinvolte perché dovranno verificare che i piani di adeguamento vengano attuati davvero. La Bpp, come richiesto da Bankitalia, è impegnata a mappare attività e immobili del suo portafoglio clienti per poi esaminare il rischio ambientale collegato e valutarne l'incidenza sul rischio di credito. Un immobile che, per esempio, è esposto al rischio di frana, perde valore. Dovremo quindi invitare i nostri clienti a porre rimedio a questa criticità. Tornando all’energia, la Puglia è leader in Italia per la produzione da fonti alternative, ma non è sufficiente. Va costruita la filiera al servizio del progetto di fare del Sud un hub energetico europeo, per non essere dipendenti dalla Cina come, invece, siamo oggi. È una opportunità imperdibile».

Quanto incide la mancanza di chiare politiche industriali nel Paese e sul territorio?
«La pianificazione è necessaria in tutti i campi per costruire filiere produttive, che necessitano di tempi medio-lunghi. Servono indirizzi di natura politica, opportunità per chi vuole fare investimenti e serie politiche di formazione delle necessarie professionalità perché la scuola e l’Università non sono più sufficienti. Vanno bene gli Its, ma vanno resi effettivi anche i tirocini universitari».

La Zes unica del Mezzogiorno servirà?
«In un’ottica di pianificazione industriale che preveda l’impianto ex novo di un certo ventaglio di attività è fondamentale. Chi investe ha bisogno di certezze».

Sono ancora tante le imprese incapaci di riscuotere i crediti maturati nei confronti della Pubblica amministrazione (Pa). La Ue prevede di cambiare le norme per agevolare i pagamenti. Cosa ne pensa? 
«Si tratta di un problema che nel tempo si è gradualmente ridotto, ma resta il nodo di una adeguata pianificazione dei flussi delle imprese che lavorano con le Pa. Sicuramente, ulteriori interventi normativi agevoleranno la risoluzione del problema».

Tiene banco in Europa il tema di un possibile ritorno dei vincoli del Patto di Stabilità, che preoccupa i Paesi come l’Italia con un elevato stock di debito pubblico. Temete un ritorno alla spirale dell’austerità?
«Ciò che dovrebbe preoccupare tutti è il debito pubblico, che rallenta o impedisce le riforme. Con i tassi elevati di questi mesi, a pagare lo scotto maggiore è proprio lo Stato italiano. Pochi giorni fa a Lecce il viceministro all’Economia, Maurizio Leo ha presentato la riforma del Fisco, che personalmente credo abbia una impostazione corretta. Ma se si vanno a guardare i numeri sono poco più che simbolici, perché esiste il debito pubblico, che è un freno allo sviluppo. E quest’ultimo si fa anche stimolando le attività produttive, snellendo la burocrazia, varando una pianificazione industriale a medio termine credibile e condivisa. Già questo sarebbe un ottimo inizio, ma poi si dovrebbe rinnovare la rete dei trasporti, dare servizi. Ci sono interventi che non hanno bisogno di una mano pubblica e vanno realizzati».

La precarietà del lavoro incide molto sulla denatalità. Una banca può fare qualcosa in più o è fisiologicamente legata alla capacità di rischio?
«Nel concedere il credito le banche devono operare secondo parametri di riferimento stabiliti. Non bisogna dimenticare che le banche non elargiscono denaro proprio, ma denaro dei depositari che devono poterlo riavere in qualsiasi momento». 

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