Matteo Renzi, l'intervista: «Mi candido alle Europee in tutte le circoscrizioni. La politica torni al centro»

Matteo Renzi, l'intervista: «Mi candido alle Europee in tutte le circoscrizioni. La politica torni al centro»
Matteo Renzi, l'intervista: «Mi candido alle Europee in tutte le circoscrizioni. La politica torni al centro»
di Francesco G. GIOFFREDI
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Giovedì 15 Febbraio 2024, 07:34 - Ultimo aggiornamento: 19:39

Le cannonate energiche al governo, le frecciate all'asse Pd-M5s, la bussola puntata sui temi cardinali (Europa, sanità, lavoro): Matteo Renzi non ama il gioco di rimessa e a meno di quattro mesi dalle Europee va all'attacco. Il senatore e leader di Italia viva correrà in tutte le circoscrizioni. Riavviando così il cantiere del centro riformista. Anche sui territori, verso le Amministrative (strategie "in cottura" a Bari e Lecce) e provando a sbrogliare lo spinoso caso del Comune di Taranto, sul quale sceglie per ora la linea del silenzio. Ci sarà modo di occuparsene nel blitz pugliese, domani e sabato.
"Palla al centro", il suo ultimo libro, rivendica il primato della politica sugli influencer (e sui politici-influencer) e dà metaforicamente l'avvio a un "secondo tempo". Che partita vuole giocare, ora?
«In questi anni la politica ha inseguito i sondaggi: conta più quello che si racconta sui social, i like che si prendono, quanto il reel di Instagram va virale, rispetto a quello che si fa. Prendiamo come esempio la protesta dei trattori. Il ministro Francesco Lollobrigida, cognato di Giorgia Meloni, reintroduce l'Irpef agricola che con il nostro Governo avevamo cancellato. I trattori protestano e Giorgia è subito pronta a cavalcare il malcontento e a incolpare l'Europa. Certo, le politiche green sono state spesso ideologiche, ma il problema degli agricoltori italiani ha un nome e un cognome: Francesco Lollobrigida. Gli agricoltori non sono stupidi e lo capiscono. Allora Giorgia fa marcia indietro, anche se non del tutto, visto che l'esenzione Irpef prevista non è totale come avevamo invece fatto noi. L'influencer cavalca la protesta, il politico cancella la tassa. La partita che giocherò è esattamente questa: riportare al centro la politica, correndo in prima persona in tutti i collegi».
Lei individua uno spazio politico al centro, una sorta di "potenziale inespresso" che può calamitare i riformisti. Non andrebbe però lanciato un ponte verso le altre forze d'area, per esempio Azione? E ritiene ormai improbabile un dialogo col Pd e con il centrosinistra in generale?
«Noi abbiamo lanciato dei temi: dagli Stati Uniti d'Europa, all'elezione diretta del presidente del Consiglio europeo, al recupero di un'identità culturale fatta di radici comuni, da quelle cristiane a quelle illuministe, all'esercito comune europeo. L'Europa non sta toccando palla in tutte le grandi questioni internazionali, dall'Ucraina al Medioriente. Manca la politica. Però al contempo si occupa di cavilli burocratici. Quello che noi proponiamo è una vera e propria svolta: maggiore democrazia - devono poter scegliere gli europei chi li governa- e maggiore protagonismo. Se liberali, popolari, riformisti ci stanno, noi ci siamo. Però noi intanto corriamo: sarà una campagna fra la gente, porta a porta, a parlare di sanità, lavoro, Europa».
Ecco: e il rapporto col Pd?
«Quanto al Pd, ha deciso di inseguire il Movimento cinque stelle, rinunciando al riformismo: buona fortuna».
Alle Europee si candiderà dunque come capolista in tutte le circoscrizioni? Anche al Sud?
«Sarò candidato in tutte le circoscrizioni, vedremo la posizione. Avremo delle liste forti e competitive e alcuni nomi saranno già annunciati alla Leopolda, che si terrà a Firenze l'8, il 9 e il 10 marzo. Faremo un grande risultato, ne sono convinto».
A giugno si voterà anche per le Amministrative, in Puglia due sfide cruciali: Bari e Lecce. Italia viva sosterrà i candidati di centrosinistra?
«Ci sono delle interlocuzioni in corso, vedremo presto quali sviluppi produrranno».
Capitolo Ilva, quasi un vicolo cieco: Arcelor Mittal, il privato vincitore della gara avviata nei suoi anni a Palazzo Chigi, vuol defilarsi. E ora il governo Meloni ha avviato l'iter dell'amministrazione straordinaria: si torna alla casella del via. Che destino immagina? È stata sempre favorita la produzione, anche talvolta sacrificando l'ambientalizzazione. Ma i risultati latitano da anni.
«Con Ilva tanti Governi e anche la Regione hanno sbagliato: il vero problema di quello attuale invece si chiama Adolfo Urso. Non ha una visione, non c'è una politica industriale seria. Con il nostro Governo abbiamo lavorato bene fino a che il dossier è stato gestito dalle bravissime Teresa Bellanova e Federica Guidi e da Andrea Guerra. E ci siamo anche mossi sul fronte ambientale, portando risorse per il risanamento. Oggi la palla è in mano al Governo Meloni che dall'opposizione incalziamo costantemente».
In Regione c'è invece una sua "vecchia" conoscenza, Michele Emiliano. Qual è il vostro giudizio su questa amministrazione? Per il dopo-Emiliano punterete su Antonio Decaro?
«Italia Viva ha Massimiliano Stellato e nelle prossime settimane arriveranno altri amici a rafforzare la squadra. Quanto al dopo Emiliano, Antonio è un caro amico e un ottimo sindaco e credo sia la persona più adatta. Ma è ancora presto: prima le Europee, poi penseremo alle Regionali».
Cosa pensa delle politiche per il Mezzogiorno del governo e del ministro Raffaele Fitto? Maggiore centralizzazione e coordinamento nella spesa dei fondi, revisione della governance del Pnrr, Zes unica per il Sud: scelte, anche impopolari, che condivide?
«Il ministro Fitto è una persona che stimo, ma quanto alle politiche che sta portando avanti con il Governo, i fatti stanno a zero. Dichiara, annuncia revisioni del Pnrr, crea cabine di regia, ma la verità è che il Mezzogiorno è stato dimenticato da questo governo. Vede infrastrutture nuove? Vede politiche portuali convincenti? Vede investimenti? Un governo tutto chiacchiere e nomine».
L'Autonomia differenziata spaventa il Sud: allargherà la forbice dei divari o è un'opportunità di responsabilizzazione per tutte le Regioni? Tra Lep, perequazione, quote di Irpef e Iva i conti non tornano.
«L'Autonomia è semplicemente l'ennesimo specchietto per le allodole di Meloni e Salvini. Per come l'hanno concepita, rischia solo di aumentare la burocrazia, i costi e le tasse. E di penalizzare il Sud».
Anche il centrosinistra dovrebbe fare mea culpa: la riforma del 2001 che ha aperto la strada all'Autonomia differenziata, i partiti che assumono accenti diversi da Nord a Sud, i passi compiuti verso l'Autonomia anche da recenti governi di centrosinistra, la bocciatura della sua riforma costituzionale che in realtà limitava parecchio l'Autonomia differenziata.
«Nel 2016 provammo a cambiare il disastroso Titolo V: è lì la vera origine del problema. Non possono esserci trattamenti di serie A e serie B nella sanità: se vivi a Lecce non hai lo stesso diritto alle cure di chi vive a Brescia? Lo abbiamo visto tragicamente con il Covid quanto quella riforma non servisse a Renzi, ma al Paese».
È sempre disposto a votare la riforma del premierato e il ddl giustizia?
«Io non cambio idea perché a proporre le riforme è Giorgia Meloni: resto convintamente all'opposizione ma dico sì all'elezione diretta del premier. Era nel programma del Terzo polo e sul referendum ho scommesso tutto. Chi cambia idea, dal Pds che la proponeva nei suoi programmi, a chi venendo da Forza Italia spingeva addirittura sul presidenzialismo, non dimostra grande serietà. Oggi come oggi però la proposta del Governo è un pasticcio: abbiamo presentato i nostri emendamenti, vedremo come finirà».
E sulla riforma della giustizia?
«Vale lo stesso: sono garantista e penso che la riforma della giustizia sia un'emergenza non più rimandabile, vedremo se il ministro Nordio, che stimo, riuscirà a portare a casa un cambiamento concreto».
Su tutto il resto esprime critiche al governo: la rivolta degli agricoltori, la crescita economica, il Mes, la politica industriale. Insomma: Italia viva non è esattamente la stampella di Meloni, come qualcuno immaginava. Ma c'è qualcosa che salva di questo esecutivo?
«La nostra è un'opposizione sui temi e non pregiudiziale: se il Governo fa qualcosa di buono, come è accaduto con il ddl Nordio pochi giorni fa in Senato, noi lo votiamo. Sul resto il giudizio è pessimo: è una classe dirigente inadeguata, dal ministro Lollobrigida che pensa di poter fermare un treno a suo piacimento, al pistolero che spara a Capodanno in una festa con i bambini. Quanto ai provvedimenti, oltre agli annunci: zero fatti. Meloni ha tradito completamente le promesse fatte in campagna elettorale».
Dopo le Europee, come cambierà lo scenario politico europeo e italiano?
«Al Governo cambierà poco: se Meloni farà un buon risultato, fagociterà Lega e Forza Italia.Quello che cambierà sarà lo scenario politico: ci sarà un centro finalmente affermato che impedirà a conservatori ed estrema destra di prendere il timone del Parlamento europeo».

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