Stefanazzi (Pd): «Il M5s marca troppe distanze: alleanze sui territori in dubbio. Dicano che vogliono»

Stefanazzi (Pd): «Il M5s marca troppe distanze: alleanze sui territori in dubbio. Dicano che vogliono»
di Francesco G. GIOFFREDI
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Venerdì 16 Febbraio 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 15:34

Claudio Stefanazzi, deputato Pd: che succede tra voi e il M5s? I rapporti sembrano tesi, praticamente incrinati, a Roma come sui territori.
«L’impressione al momento è che la distanza sia perlopiù tattica. Giuseppe Conte in questa fase ha messo i cinque stelle in competizione con il Pd, evidentemente preoccupato dalla possibile polarizzazione del confronto alle Europee tra Elly Schlein e Giorgia Meloni, e vuole segnare una distanza».

In realtà però il gelo è anche sui contenuti: politica internazionale, Mes, Rai, giusto per citare alcuni casi.
«Sì, ci sono delle divergenze. Ma al momento non credo che il M5s stia costruendo un’alternativa politica al Pd, il che è ancora più deprimente: vedo solo l’esigenza elettorale nel breve periodo, in nome della quale si mette in discussione l’unica alleanza in grado di battere il centrodestra».

Ma è un’alleanza destinata a tramontare?
«Dei due alleati che potrebbero avviare un percorso di alternativa al centrodestra, uno ha in mente solo l’obiettivo di prendere un voto in più dell’altro per ottenere la leadership, e questo crea il problema. Insomma: non mi pare che per il M5s ci sia l’impellenza di mandare a casa questo governo...».

Dato che è già accaduto in passato, pensa allora che i cinque stelle potrebbero riposizionarsi?
«Noto con maggiore continuità accordi parlamentari trasversali su questioni che interessano il M5s. Penso, per esempio, alle nomine passate in Parlamento, la vigilanza Rai in primis. Sono elementi che impongono una riflessione sulla partita che si gioca e sul senso di responsabilità: o Pd e M5s sono d'accordo sulla necessaria alternativa per il Paese, oppure se non è così i cinque stelle lo dicessero e noi a quel punto andremmo avanti comunque. E i cinque stelle potrebbero poi trovare intese con altri, anche con pezzi di questa maggioranza».

Pensa al vecchio feeling con la Lega?
«Sì, esatto».

Però siete stati sempre voi a inseguire il M5s, anche con una ostinazione non sempre motivata o comprensibile, talvolta in modo quasi succube.
«Abbiamo fortemente creduto e continuiamo a credere che il campo del centrosinistra comprenda tra gli altri Pd e M5s. Non abbiamo inseguito una chimera, riteniamo che queste due forze abbiano la stessa cultura progressista. Dopodiché bisogna capire cosa loro vogliono fare da grandi...».

Ritiene che Conte soffra il reciproco riconoscimento politico tra Meloni e Schlein? I possibili duelli tv, l'ipotetico scontro alle Europee, le intese sulla mozione per il Medioriente...
«Meloni riconosce in Schlein un profilo politico chiaro, Conte invece non mostra altrettanta chiarezza, caratterizzato da ambiguità di fondo e tatticismo esasperato».

Queste tensioni Pd-M5s svaniranno come per incanto dopo le Europee?
«Di sicuro c'è l'esigenza di superare le Europee.

Spero però che a essere superato sia questo atteggiamento del M5s. Non ha senso minare il rapporto quando invece il Pd invoca unità e nel nome dell'unità convince i gruppi parlamentari ad assumere posizioni più vicine al M5s, e il che rischia talvolta di essere un vulnus. La nostra segretaria ha fatto di tutto per tenere insieme l'alleanza».

Gli scossoni si ripercuotono anche sui livelli locali. A Bari il M5s ha ottenuto il reset delle candidature alle primarie, chiesto un nome estraneo ai partiti e infine mostrato freddezza sull'indicazione di Vito Leccese. Salta l'alleanza?
«A Bari veniamo da un'esperienza di governo positiva. In Puglia abbiamo governato con loro convintamente, a Brindisi abbiamo anche perso in nome di questa alleanza, a Foggia li abbiamo assecondati. Ora a Bari assistiamo a un posizionamento tattico senza substrato concreto e senza un reale oggetto di discussione: si invoca la discontinuità in modo astratto, senza proposte, profili, confronto sui contenuti. Mi pare un modo elegante per marcare le distanze. E perciò penso che a Bari i cinque stelle prenderanno un'altra strada».

Anche a Lecce? È dei giorni scorsi il botta-e-risposta pungente tra Carlo Salvemini e il M5s.
«Noto l'esasperazione del sindaco che prova a capire qual è la posizione del M5s. Peraltro ci sono stati tavoli regionali per le alleanze a Bari e Lecce, con la massima disponibilità al confronto, e tutti i passaggi sono stati finora compiuti mettendo al corrente con chiarezza i cinque stelle, nell'attesa che giungessero a delle determinazioni. Ma se non arrivano a una scelta, vuol dire che non vogliono stare in coalizione. Io vengo da un'esperienza di governo (capo di Gabinetto in Regione, ndr) che ha voluto per prima saldare Pd e M5s, e più di ogni altro sarei deluso. Ma ripeto: ho la netta impressione che abbiano già deciso».

Ci saranno ricadute anche in Regione?
«Occorre capire il gruppo consiliare a quali dinamiche risponde, se al movimento o a una linea indipendente. Se in Regione è cambiato qualcosa, sarebbe il caso per i vertici del M5s di comunicarlo ai consiglieri, i quali coerentemente vanno avanti sulla strada dell'accordo, trovato sulla base del programma di governo. Abbiamo proposto la stessa impostazione a Bari e Lecce, ma finora è stata rifiutata».

C'è distanza anche sulla norma sblocca-terzo mandato per sindaci e governatori. A dire il vero, la spaccatura è anche nel Pd.
«I cinque stelle su questo fanno muro perché non hanno la necessità di sostenere storie di governo, né danno l'impressione di volerne creare. Ma fuori da un rapporto di coalizione franco e onesto è difficile far crescere una classe dirigente, nel M5s credono che il voto di opinione sia più importante di una struttura di partito sul territorio. Molti di noi, in quello che è il partito degli amministratori, ritengono che il Pd debba pronunciarsi sul terzo mandato, aprendo una discussione e arrivando a riconoscere il diritto degli amministratori a governare per un arco di tempo più lungo».

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