«Tutte le attività erano necessarie secondo l’oggetto sociale di Fse. Ritengo non ci sia stato assolutamente alcun danno». Lo ha detto, rendendo dichiarazioni spontanee, Luigi Fiorillo, ex amministratore unico di Fse, nel processo che lo vede imputato per il crac da 230 milioni di euro della società di trasporti pugliese commissariata e poi acquistata da Ferrovie dello Stato, fra il 2011 e il 2015. Per Fiorillo la Procura di Bari ha chiesto una condanna a 12 anni. Oggi, nel giorno della discussione delle difese, l’ex amministratore unico di Fse ha preso la parola davanti al giudice per escludere il suo coinvolgimento nella bancarotta e negli altri capi di imputazione: «In tutti gli interventi non ho mai violato il codice degli appalti che è stato applicato alla lettera.
L'accusa
Secondo l’accusa, Fiorillo avrebbe proceduto a uno spolpamento della società “pur consapevole - come aveva dichiarato nella requisitoria il procuratore capo di Bari, Roberto Rossi - dello stato di dissesto e mai operando nell’interesse dell’azienda”.
12 anni di pena sono stati chiesti anche per l'avvocato romano Angelo Schiano, ritenuto dai pm “amministratore di fatto" dell'azienda, una sorta di “socio occulto. L'accusa ha chiesto, oltre alle condanne per altri undici imputati, sequestri per oltre mezzo miliardo.