La stima dei commissari. «Serve almeno un miliardo per far ripartire l’ex Ilva»

La direzione dell'ex Ilva di Taranto
La direzione dell'ex Ilva di Taranto
di Domenico PALMIOTTI
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Venerdì 8 Marzo 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 9 Marzo, 07:15

Ad Acciaierie d’Italia serve «almeno un miliardo di euro» per uscire dal guado nel quale si trova. È il fabbisogno che Giovanni Fiori, uno dei tre commissari dell’amministrazione straordinaria insieme a Giancarlo Quaranta (primo ad essere nominato dal ministro Adolfo Urso) e a Davide Tabarelli, ha stimato l’altra sera nella call avuta con i sindacati su ferie, Tfr e ratei di tredicesima maturati dai dipendenti. 

I "conti" e le stime


Un miliardo, dunque, per cominciare a risalire la china, che vede la fabbrica con impianti deteriorati e mal messi. Impianti che avrebbero delle potenzialità da esprimere a fronte della domanda di acciaio, ha osservato Tabarelli, ma richiedono «un grande lavoro da fare» ha specificato Quaranta. «Dobbiamo meglio fotografare la situazione, dalla parte finanziaria a quella ambientale e impiantistica» ha aggiunto Quaranta, che oggi e domani con Fiori e Tabarelli e il ministro Adolfo Urso, sarà rispettivamente negli stabilimenti di Genova e Novi Ligure per una visita e incontrare lavoratori, sindacati e istituzioni. I mezzi finanziari per consentire ai commissari di riprendere il siderurgico, dovrebbero arrivare presto. Almeno si spera. Si tratta dei 320 milioni del prestito ponte inserito nel decreto, che adesso è alla Camera per l’ultimo voto del Parlamento prima della conversione in legge, e degli altri 150 del nuovo decreto Pnrr. 
Quest’ultimi saranno girati da Ilva in amministrazione straordinaria, che li preleverà dal patrimonio destinato ad Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria.

Il patrimonio destinato - istituito anni addietro col miliardo che i Riva, ex proprietari dell’Ilva, fecero rientrare in Italia a seguito dell’intervento della Procura di Milano - è attualmente l’unico fondo di cui dispone Ilva in as. È stato utilizzato per i lavori bonifica, sia quelli fatti direttamente dalla stessa as, sia quelli rimborsati dall’as ad Acciaierie. Ora, si ritiene che mettere questi soldi sulle manutenzioni sia anche un intervento con finalità ambientali poiché consente di ripristinare gli impianti mettendoli nelle condizioni di funzionare.

Ferie, Tfr e tredicesime


«Stiamo lavorando e vedendo e comprendendo sempre di più i vari problemi e le soluzioni» ha detto Quaranta. La call, come detto, ha riguardato soprattutto i problemi che i sindacati hanno sollevato per i dipendenti diretti. Si è sposata la linea, ha affermato Quaranta, che considera le ferie maturate sino al 19 febbraio e non fruite, crediti di diritto di lavoro e non monetario e quindi saranno consumati assentandosi dal posto di lavoro per un diritto acquisito, quale appunto le ferie.
Mentre per ratei di 13esima e Tfr (per coloro che lo hanno conservato in azienda), Quaranta ha comunicato ai sindacati che «sono invece crediti monetari. Ora, mentre sulle ferie si va avanti con un discorso di diritto acquisito che non è un credito monetario, il Tfr, che sono soldi versati, è invece un credito monetario. Eventualmente, si potrebbe prendere in considerazione una proposta da fare al Tribunale di Milano chiedendo come interpreta la questione e domandando se sia possibile o meno pagare. Si dovrà analizzare cosa fare anche per i ratei di 13esima. Ma pure il rateo 1-19 febbraio dello stipendio è un credito monetario, tant’è che abbiamo già chiesto al Tribunale l’autorizzazione a pagare. Un sì che è comunque scontato».
Il fatto che sia stata assicurata la continuità per le ferie e che ci sia un impegno a cercare le soluzioni sugli altri problemi, è stato apprezzato dalle sigle metalmeccaniche. Che hanno subito fatto la differenza col 2015, con l’amministrazione straordinaria di Ilva, quando tutto (ferie, ratei di 13esima e Tfr) rifluì nello stato passivo e a distanza di nove anni è ancora lì, come crediti non riscossi dai dipendenti.

I problemi dell'indotto

Nel frattempo, l’indotto, che non ha mai ripreso a lavorare nell’ex Ilva dall’avvio delle proteste a gennaio, resta in fibrillazione poiché le misure del decreto non hanno sciolto il nodo dei crediti. Con Sace e banche che non intendono farsene carico poiché li ritengono deteriorati. 
E mentre si prospetta l’uscita dallo stabilimento dei mezzi delle imprese appaltatrici, che li radunerebbero sul piazzale della portineria C, i trasportatori che lavorano con i siti di Acciaierie d’Italia confermano il blocco. Intanto scende in campo, su invito di Confindustria Taranto, la nuova Camera di Commercio Brindisi-Taranto che col presidente Vincenzo Cesareo ha convocato una riunione per il tardo pomeriggio di oggi con tutte le associazioni. Obiettivo, mettere a punto una linea comune da esporre a commissari e Regione Puglia per venir fuori dallo stallo. In sostanza, si chiederebbe ai commissari di Acciaierie di riconoscere le imprese come “fornitori essenziali” per abilitare la possibilità di vedersi attribuire degli acconti sul pregresso e di ottenere, come “fornitori strategici”, anche lo status della prededuzione. Essendo prededucubili - questo il nocciolo della proposta in costruzione -, si potrebbero cedere i crediti ad un fondo che istituirebbe la Regione. Questa si farebbe quindi carico di crediti per 150-200 milioni, tenuto conto che la Regione ha messo a disposizione dell’indotto l’avanzo di amministrazione, pari a 1,6 miliardi, e quando si genererà l’attivo e i debiti cominceranno ad essere pagati, la Regione rientrerebbe in possesso dei soldi. 

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