Il metodo “Senza zaino” approda alla scuola Deledda

Il metodo “Senza zaino” approda alla scuola Deledda
di Francesca CIURA
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Giovedì 19 Gennaio 2017, 06:14 - Ultimo aggiornamento: 18:19
Aiutare a fare da sé. Su questo, che altro non è che l’incipit del metodo educativo e formativo di Maria Montessori, una delle più grandi pedagogiste italiane, apprezzatissima soprattutto all’estero, al quartiere Tamburi c’è chi è pronto a costruire un nuovo futuro. L’ispirazione per un proficuo cambiamento, che non può prescindere da un modello formativo e di pensiero “differente”, non poteva che arrivare dal mondo della scuola: per l’esattezza dall’Istituto Comprensivo Vico-De Carolis, quella grande comunità scolastica che, ubicata a ridosso del più grande e decadente complesso industriale, troppe volte è stata al centro di questioni politico/ambientali che poco avevano a che fare con le attività didattiche ed educative dei ragazzi.
Eppure, nel voler perseguire l’obiettivo primario, ovvero assicurare la migliore formazione, non era possibile eludere la relazione tra il mondo della scuola e quello esterno ad essa. Captando quindi il bisogno di un’intera comunità che invoca a gran voce un cambio di rotta, la scuola prova a dire la sua coniugando gli strumenti che notoriamente e tradizionalmente le appartengono con nuove forme didattiche; quelle che, ponendo l’alunno al centro del processo educativo, trovano la piena realizzazione con l’impiego di precipue attività basate sull’esperienza, la condivisione e la continua ricerca. Ed è su questi aspetti fondamentali che si basa la rete della scuola Senza Zaino un modello innovativo che unisce nuove pratiche metodologiche all’esperienza delle comunità.
 
Un progetto nazionale di cui la scuola Deledda è entrata, ufficialmente ieri, a fare parte. Si parte con la scuola dell’infanzia, ma ben presto la novità potrebbe coinvolgere anche altre scuole di ordine e grado.
«Il progetto - spiega il Dirigente Scolastico, dottoressa Elisabetta Scalera - è stato sostenuto senza richiedere contributi specifici alle famiglie se non quelli derivanti dall’impegno volontario dei genitori chiamati a contribuire semplicemente mettendo in campo le proprie abilità creative e costruttive. E dalla partecipazione attiva di tante associazioni che operano sul territorio con grande dedizione: dall’Auser che ha contribuito alla produzione delle cartelle degli alunni, a tutte le altre che a vario titolo hanno sostenuto l’idea. Un sentito grazie - conclude la Scalera - va ai tantissimi genitori che si sono adoperati per la ristrutturazione degli arredi scolastici contribuendo “dal basso” alla realizzazione di ambienti ispirati alla cura, all’armonia e all’accoglienza».
Ma in cosa consiste il progetto? A spiegarlo è la dottoressa Daniela Pampaloni, responsabile nazionale della rete Senza Zaino. «È un metodo didattico diverso - ha detto - rispetto a quello fin qui adottato, ma non del tutto sconosciuto perché lo stile è decisamente di impronta montessoriana in quanto il bambino viene considerato nella sua globalità e motivato al saper fare da sé in stretta relazione con gli altri. Nessuna lezione frontale quindi, non esistono più i banchi ma un’agorà dove al centro c’è tutto il materiale necessario per studiare e fare i compiti. Si lavora in gruppo quindi persino “copiare” è consentito perché ritenuto un’altra forma di apprendimento: il sapere di uno, diviene quello dell’altro».
Tutte le attività sono tese a stimolare quindi quante più intelligenze possibili per assicurare ad ogni singolo un percorso personalizzato di sviluppo.
 
Ma c’è di più: Senza Zaino è una scuola che diviene comunità vera e propria mediante pratiche d’accoglienza e di condivisione dove anche gli adulti, i genitori, sono chiamati a fare la propria parte, a progettare insieme ai propri figli e, con loro, ad assumersi le proprie responsabilità. Un metodo innovativo che ha catturato le attenzioni del mondo accademico e della ricerca.
Siglato un accordo tra la Rete e l’Università di Bari per le attività di ricerca e tirocinio. Non a caso presenti all’inaugurazione il professor Riccardo Pagano (docente di Pedagogia all’UniBa) ed il professore Fabio Mancino della Lumsa.
«Un luogo - afferma la dottoressa Maria Paola Pietropaolo, responsabile rete Senza Zaino per il Sud Italia - per svolgere quelle attività manuali che nei più piccoli soprattutto favoriscono lo sviluppo intellettivo».
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