«Fraternamente, Francesco». Con queste parole si chiude la lettera che papa Francesco ha scritto di proprio pugno ad Alessia Nobile dopo l’udienza di inizio estate in Vaticano. Una lettera datata 11 luglio, a lungo rimasta nel cassetto e resa nota solo da pochi giorni. «Cara sorella – si legge nel biglietto – i pregiudizi fanno tanto male! Agli occhi di Dio tutti siamo i suoi figli, e questo è quello che conta!».
Alessia è una donna trans. Una donna trans che crede. Una donna trans che crede e incarna quella che agli occhi di molti – dentro la Chiesa e fuori – appare ancora una contraddizione: «E invece no», attacca la donna. «Le persone trans hanno bisogno di Dio. Lo cercano con forza. Forse persino con più forza delle altre perché, più di altre, hanno provato l’esperienza dell’abbandono, della solitudine, dello scarto».
Nell’inferno dell’emarginazione, si cerca Dio per salvarsi. Alessia – la cui storia ha conquistato nei giorni scorsi la ribalta mediatica nazionale – è in cerca di Dio da sempre, nonostante l’esperienza traumatica di «un professore di religione, un laico, che suggerì ai miei genitori di curarmi con esorcismi ed elettroshock. Per fortuna – dice – quell’uomo sbagliato non mi ha portata lontano da un Dio che, invece, non mi giudica e mi accoglie per come sono».
La lettera di Francesco
È il Dio che il Papa offre ad Alessia nella sua lettera: «Un Padre che ci ama – scrive il pontefice – e che è vicino con compassione e tenerezza.
Nome, storia, dignità. I capitoli di un’auto-biografia che Alessia ha dato alle stampe quest’anno e che si intitola “La bambina invisibile”. «È il diario della mia transizione. Ne ho regalato una copia anche al Papa, che mi ha esortato a continuare il racconto. Mi ha detto: va’ a prenderti quello che ti spetta, non con la lotta ma con la parola». Il libro, pubblicato a febbraio da Castelvecchi, sta viaggiando spedito in tutta Italia: «Amo molto presentarlo nelle scuole. Lì – dice Alessia – vedo un’attenzione e un rispetto che non mi aspettavo. Dopo una presentazione in Puglia, una dirigente scolastica mi ha detto: ‘Le devo delle scuse. Avevo delle riserve su di lei, ma adesso le voglio dire grazie’».
Convertire. Questo è il verbo scelto da Alessia. Non casuale, forse, vista la sua storia di credente. «Voglio portare la mia storia in quei non-luoghi dove la vita sembra non scorrere. Penso alle carceri, dove tante persone trans sono esposte alle violenze impunite dei sex offenders. Ho già in programma una presentazione a Bari, alla biblioteca del carcere. So che i detenuti stanno già leggendo il mio libro».
Progetti. E un futuro a cui Alessia guarda con più speranza grazie alla benedizione del Papa. «Prego per te», le ha scritto, chiedendole di restituire il favore. «Lo farò – assicura Alessia – come prego per la mia famiglia e per le tante persone trans che, a causa di pregiudizi escludenti, sono costrette a lavorare come sex workers».