Crediti maturati con quei soci che avrebbero prelevato somme dal patrimonio della società. Ha sostenuto questo il sottufficiale della Guardia di finanza sentito nell’aula Metrangolo del Tribunale di Brindisi nel processo che contesta la bancarotta fraudolenta dell’ex “Farmacia di viale Aldo Moro” situata prima del ponte del rione Bozzano, in via Martiri delle Ardeatine.
Stiamo parlando del processo nato dall’inchiesta del pubblico ministero della Procura di Brindisi, Raffaele Casto, e delle Fiamme Gialle, che vede imputati Antonio Plantera, 67 anni, di Brindisi, originario di Palmariggi (in provincia di Lecce), nel ruolo di amministratore unico; Alberto Amico, 76 anni, di Torino, originario di Caltanissetta, socio; e l’avvocato Francesco Bianco, 48 anni, di Francavilla Fontana.
Le accuse
Il solo Alberto Amico deve difendersi da altre due accuse: estorsione continuata per avere costretto - questa una delle circostanze che dovrà appurare il dibattimento in aula - cinque dipendenti a rinunciare al Tfr (per somme di seimila euro, 22mila 728, 19.746, 10.179 e 23mila euro) ed ad assicurare il loro voto favorevole nell’adunanza dei creditori, sotto la minaccia della perdita del posto di lavoro. Ed ancora, il processo dovrà stabilire se è lo stesso Alberto Amico abbia o mono prestato del denaro con tasso usurari.
Il punto centrale del processo resta l’ipotesi di bancarotta fraudolenta. Il quadro tracciato dall’inchiesta ed al vaglio del processo attribuisce agli imputati un ruolo nel momento in cui la farmacia venne ammessa al concordato preventivo disposto il 20 maggio del 2015 con il decreto del Tribunale. Alberto Amico come istigatore perché interessato agli effetti patrimoniali.
Caropreso (come detto, ha scelto il patteggiamento) quale tenutario delle scritture contabili poiché - recita il capo di imputazione “consapevolmente falsificava, in gran parte, le scritture contabili - poi fraudolentamente attribuendo ad errori materiali le alterazioni commesse....stralciando dal bilancio 2015, l’importo dei crediti vantato dalla società a fronte di operazioni di corresponsione di ingenti somme di denaro a titolo di acconto utili»
Anche l’avvocato Bianco deve difendersi dall’accusa di essere stato uno degli istigatori della bancarotta: nelle vesti di commissario giudiziale, consapevole dell’esistenza del decreto di inammissibilità al concordato preventivo datato 25 marzo 2015, dichiarava l’inesistenza di crediti dell’importo di due milioni e 52mila euro. Avrebbe invece evidenziato un credito di poco meno di 77mila euro vantata dallo società nei confronti di Plantara. Ed altro ancora.
Si torna in aula il 19 aprile per l’ascolto di altri testimoni, per tutti gli imputati vale la presunzione di non colpevolezza fino al pronunciamento dell’ultimo grado di giudizio. A difendere gli imputati, gli avvocati Luigi Corvaglia, Massimo Manfreda, Michele Laforgia e Domenico Attanasi.