Alta velocità sulla dorsale adriatica fino in Puglia, lo studio: «Un'occasione da 10mila posti di lavoro»

Confindustria spinge per l’alta velocità sulla dorsale adriatica

Alta velocità sulla dorsale adriatica fino in Puglia, lo studio: «Un'occasione da 10mila posti di lavoro»
Alta velocità sulla dorsale adriatica fino in Puglia, lo studio: «Un'occasione da 10mila posti di lavoro»
di Giuseppe ANDRIANI
4 Minuti di Lettura
Venerdì 12 Maggio 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 08:02

Confindustria spinge per l’alta velocità sulla dorsale adriatica. Da Bologna al Salento, o quantomeno fino a Bari, con treni che possono arrivare a 300 chilometri orari. Il progetto, che Rfi aveva scartato spiegando che i benefici in termini di tempi di percorrenza non giustificavano gli importi esorbitanti di spesa, torna di stretta attualità in seguito a uno studio redatto da Confindustria, su impulso della sezione locale di Ancona, che rovescia il rapporto tra benefit e costi. Secondo quanto spiega Confindustria servirebbero, in totale, 44 miliardi di euro - cifra comunque soggetta a rialzi visti i rincari delle materie prima degli ultimi tempi -, a fronte di un impatto sul Pil di 94,7 miliardi di euro. A conti fatti, l’opera converrebbe. 
Lo studio portato in un convegno qualche giorno fa ha già prodotto un primo “effetto” politico. Galeazzo Bignami, viceministro alle Infrastrutture, ha assicurato che il governo chiederà a Rfi di verificare le cifre e di costruire un progetto. L’esecutivo Meloni apre a un’opera per cui già qualche anno fa fu fatto uno studio di fattibilità, poi finito nel dimenticatoio.

Lo studio: i dettagli

Ma quali sono, in termini concreti, i vantaggi di cui parla Confindustria? Lo studio analizza gli effetti economici, tra spese ed entrate, di una linea ad alta velocità da Bologna e Bari. È facile immaginare, però, che se l’idea dovesse andare in porto - e siamo chiaramente nella fase dei “se” e dei “però” - si aprirebbe un’altra partita per collegare all’infrastruttura anche il Salento, perlomeno per dimostrare che la Puglia non si esaurisce a Bari. Secondo lo studio il profilo dell’investimento prevederebbe una fase di progettazione lunga tre anni, per la quale servirebbero cinque miliardi di euro, con un impatto sul Pil, in positivo, di 12,7 miliardi e 42mila lavoratori stabili a tempo pieno. Il cantiere, poi, dovrebbe durare almeno per dieci anni: 39 miliardi di spesa, un impatto sul Pil di 82 miliardi e 102mila lavoratori stabili. 
In totale la linea ferroviaria sarebbe lunga, da Bologna a Bari, 600 chilometri, di cui circa 180 sul territorio pugliese. Da questo punto di vista, la Puglia avrebbe il tratto maggiore. Servirebbe arretrare i binari verso l’entroterra, rispetto all’attuale condizione per cui si viaggia a ridosso del mar Adriatico. 
“L’impatto del progetto non rimane circoscritto alle regioni in cui viene realizzato, ma si propaga capillarmente nel tessuto economico italiano, andando a stimolare tutte le economie regionali”, scrive Confindustria. E infatti - leggendo il rapporto - ad avere i maggiori benefici in termini di Pil sarebbero la Lombardia (+18 miliardi) e il Lazio (+12 miliardi). La Puglia segue, alle spalle di Campania, Emilia Romagna e Veneto, con un incremento di 7,5 miliardi, a fronte però di un investimento, nel territorio che va dal Gargano a Bari, di 13,3 miliardi di euro. Il saldo tutto pugliese è negativo, ma come spiegato - e verificato da Confindustria - nei termini di un calcolo nazionale, diventerebbe poi positivo. Per altro, chi parla di alta velocità sulla dorsale adriatica come “volano” per l’economia nazionale e delle regioni coinvolte, lo fa con una consapevolezza: le ricadute occupazionali andrebbero a coinvolgere in maniera importante le regioni del Centro-Sud che sono coinvolte dalla grande infrastruttura. Si sta, ad esempio, che i lavoratori pugliesi che verrebbero impiegati tra progettazione e cantiere sarebbero 10.971. Un fattore tutt’altro che trascurabile, visto che si tratta di tredici anni di occupazione.
“L’investimento attiva in modo diretto, indiretto e indotto tutte le filiere produttive che compongono il tessuto economico italiano. In particolare, il settore manifatturiero è direttamente impattato durante la fase di realizzazione del progetto, così come il settore della strumentazione elettronica e delle costruzioni”, spiega Confindustria. Insomma, i benefici arriverebbero non solo nel ramo delle costruzioni e delle strumentazioni elettroniche. Anche perché gli impatti di un’opera così importante sarebbero fondamentali per il turismo e per l’export, tanto da stimare benefici per altre nazioni dell’Unione Europea per complessivi 16 miliardi. Confindustria è sicura: conviene a tutti. La palla a Rfi.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA