Balneari, l'eterna proroga, le Europee e il difficile equilibrio nel Governo

Balneari, l'eterna proroga, le Europee e il difficile equilibrio nel Governo
di Paola ANCORA
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Giovedì 4 Gennaio 2024, 12:34 - Ultimo aggiornamento: 18:22

Parafrasando Carlo Emilio Gadda, ma sperando - almeno stavolta - che vi sia un finale. "Quer pasticciaccio brutto" delle concessioni demaniali è certamente uno dei fronti caldi che il Governo deve affrontare e sul quale, ormai già da qualche mese, si registra una frattura politica interna al centrodestra che in queste ore si cerca di sanare. C'è chi, come la Lega del ministro Matteo Salvini sfida l'Europa e i giudici e, ritenendo vi sia abbondanza di beni demaniali da affidare a terzi, rivendica per l'Italia la possibilità di sottrarre le concessioni alle regole delle concorrenza, nonostante i ripetuti richiami del Colle. E poi c'è chi, come il ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto, dopo anni di lavoro per accreditare il suo Fratelli d'Italia fra i partiti conservatori affidabili in seno all'Unione, non intende lasciar scalfire l'immagine del Governo e propone una trattativa con l'Europa per indire le gare, riconoscendo agli attuali concessori delle premialità. Al fianco di Fitto, ora, anche Forza Italia. «Come leader del partito e vicepresidente del Consiglio è intervenuto ieri Antonio Tajani ai microfoni di Rainews ritengo che si debba trovare un compromesso, che permetta di rispettare le norme e le decisioni della Giustizia europea e italiana, ma anche di tutelare le imprese balneari e gli ambulanti. Non è facile ha detto Tajani però l'obiettivo è questo, trovare una buona soluzione che ci permetta di rispettare le regole che comunque vanno rispettate». Insomma: giusto tutelare chi è titolare di concessioni, perché «la direttiva Bolkestein ha creato una serie di problemi» e «forse bisognava intervenire diversamente durante l'iter legislativo». E però «la norma c'è chiude Tajani , bisogna trovare una soluzione che ci permetta di rispettare il diritto internazionale».

I due fronti nel Governo

Due linee divergenti e, davanti, un unico orizzonte: le Europee di primavera, con tutti i timori e le aspettative - di consolidamento di posizioni raggiunte e nuovi traguardi da conquistare - che questo appuntamento porta con sé.

Nel mezzo, l'aut aut dell'Europa perché il nostro Paese si adegui alla direttiva Bolkestein sulla concorrenza e abbandoni già da questo mese di gennaio - quando rischia di scattare la procedura d'infrazione - un regime di proroghe durato decenni. Precisamente, dal 1942 quando fu approvato il Codice della navigazione che, nel caso di più domande di concessione relative allo stesso bene demaniale, prevedeva che l'amministrazione dovesse preferire quella che offriva le maggiori garanzie di proficua utilizzazione del bene e che si sarebbe dovuto riconoscere una «preferenza alle precedenti concessioni, già rilasciate, in sede di rinnovo rispetto alle nuove istanze». Con un intervento ulteriore datato 1993, la norma del Codice della navigazione venne poi modificata con la previsione, all'atto della scadenza delle concessioni già rilasciate, del cosiddetto "diritto di insistenza", ovvero di una preferenza per i soggetti già titolari delle concessioni rispetto a eventuali istanze di nuovi pretendenti. Per quanto riguarda la durata delle concessioni balneari, la normativa nazionale ne prevedeva il rinnovo automatico, di sei anni in sei anni, fatta salva l'ipotesi dell'eventuale insorgenza di situazioni che ne giustificassero la revoca per motivi specifici e di pubblico interesse.

La prima pronuncia dei giudici

Il primo foro nella diga è arrivato con la sentenza 168 del 2005 del Consiglio di Stato, relativa alla concessione di un'area demaniale marittima nel Comune di Lignano Sabbiadoro, in provincia di Udine, e poi dalla direttiva Servizi del 2006, più nota come "direttiva Bolkestein", dal nome dell'allora commissario europeo per il Mercato interno: sul presupposto che le concessioni demaniali marittime fornivano un'occasione di guadagno, veniva affermato che tanto il rilascio che il rinnovo delle concessioni sarebbe dovuto avvenire tramite procedure di evidenza pubblica, trasparenti e imparziali che consentissero anche a nuovi operatori di concorrere, in posizione di sostanziale parità, per ottenere la gestione dei beni demaniali. Così facendo, chiarisce la direttiva Bolkestein, verrebbero rispettati i principi di libertà d'impresa, di parità di trattamento e di non discriminazione sanciti dal Trattato dell'Unione europea.
Nel 2009, dopo una segnalazione dell'Agcom, la Commissione europea inviava all'Italia una lettera di messa in mora, nella quale contestava la compatibilità delle norme nazionali che prevedevano il diritto di insistenza e il rinnovo automatico con i principi sanciti dal Trattato dell'Unione europea e dalla direttiva Bolkestein. Nel 2010 scattava la messa in mora e il Parlamento italiano, che nel febbraio di quello stesso anno aveva abrogato il diritto di insistenza, a dicembre del 2011 abrogava anche la norma nazionale che prevedeva il rinnovo automatico di sei anni in sei anni, tanto che a febbraio del 2012 la Commissione europea dava atto dell'archiviazione della procedura di infrazione avviata quattro anni prima.
Tuttavia, con la stessa norma con la quale aveva abrogato il diritto di insistenza, il nostro Paese aveva anche prorogato fino al dicembre 2015 la durata delle concessioni demaniali marittime non ancora scadute, annunciando nel frattempo una riforma generale del diritto marittimo che avrebbe dovuto consentire di conciliare gli interessi maturati dai concessionari balneari con i principi di concorrenza sanciti dalle leggi italiane ed europee. Ma nel 2012 il Parlamento ha allungato i termini della proroga, dal 2015 al 2020 sempre sostenendo di stare lavorando all'emanazione di una nuova legge organica del settore.

La Corte di giustizia europea e la procedura di infrazione

Nel 2016 - precisamente il 14 luglio - la Corte di giustizia europea, cui si erano rivolti i Tar della Lombardia e della Sardegna, emette la sentenza "Promoimpresa" e sancisce che una normativa nazionale che consente una proroga automatica, indiscriminata e generalizzata delle concessioni demaniali marittime a uso turistico-ricreativo è contraria ai principi di pubblicità e di trasparenza sanciti dalla direttiva Bolkestein e, nell'ipotesi in cui tali concessioni presentino un interesse transfrontaliero certo, anche con i principi di libera concorrenza e di libertà di stabilimento sanciti dal Trattato dell'Unione. Passano due anni e il Governo giallo verde, con la legge di bilancio approvata a dicembre del 2018, dispone l'estensione della durata delle concessioni demaniali marittime sino al 1° gennaio 2033 e prevede l'emanazione di due Dpcm per mappare il demanio costiero e dettare i nuovi criteri per l'assegnazione delle concessioni. I Dpcm non verranno mai adottati - complice anche la pandemia - e nel 2020, con il decreto "Rilancio", viene stabilito il divieto di procedere con le gare per i beni demaniali già oggetto di concessione.
Alle pronunce della Corte di giustizia, nel dicembre 2020 si è aggiunto l'avvio formale di un secondo procedimento d'infrazione europea, inevitabile davanti al temporeggiare continuo del legislatore nazionale. E a quel punto, non tutti i Comuni - chiamati a rinnovare le concessioni in essere - si sono attenuti alle indicazioni nazionali. C'è chi, come è accaduto a Lecce, si è rifiutato di applicare la proroga al 2033. Il resto è storia dei giorni nostri: le sentenze dell'adunanza plenaria del Consiglio di Stato che bandivano le proroghe, la Cassazione che ha bocciato il mancato coinvolgimento delle associazioni di categoria rinviando tutto a Palazzo Spada e il Governo che ha lavorato alla mappatura delle concessioni, concludendo che vi è demanio in abbondanza e le gare non sono necessarie, salvo essere smentito dall'Agcom e dall'Europa. Che, entro il 16 gennaio, attende una mossa dall'Italia o la procedura d'infrazione sarà finalizzata. E a pagare saranno, a quel punto, tutti i cittadini.

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