Sebastio, un addio al veleno
«Forse il mio attivismo
ha destato preoccupazione»

Sebastio, un addio al veleno «Forse il mio attivismo ha destato preoccupazione»
di Paola CASELLA
3 Minuti di Lettura
Martedì 13 Marzo 2018, 04:35 - Ultimo aggiornamento: 11:14
«Dopo il primo turno delle Amministrative, il mio amico e collega Michele Emiliano mi ricontattò, chiedendomi di sostenere il candidato sindaco Rinaldo Melucci. Quando gli parlai mi conquistò il suo entusiasmo. Pensai che questo giovane, che non era un politico di professione, potesse dare una speranza alla mia città e a me stesso, alla mia età. Decisi così, di non restare alla finestra ed offrire il mio contributo».
Il procuratore della Repubblica in pensione Franco Sebastio, a distanza di qualche giorno dalla revoca dell’incarico di assessore alla Cultura, Legalità ed Attuazione del programma, ripercorre così le tappe della sua esperienza di amministratore cittadino.
Quanto accaduto è stato un fulmine a ciel sereno?
«La richiesta di dimissioni è giunta assolutamente inaspettata. Sono stato avvisato delle intenzioni del sindaco da lui stesso. Mi ha chiamato e mi ha fatto presente che aveva problemi di carattere politico per la composizione della sua maggioranza e che, quindi, aveva necessità di disporre del mio incarico. È anche quanto, in maniera più forbita ed elegante, ha detto nel suo comunicato stampa. Dopo questa comunicazione mi ha chiesto se intendessi dimettermi oppure se dovesse procedere lui con la revoca».
Cosa ha risposto?
«Cadendo dalle nuvole, ho detto che avrei voluto pensarci. Nella stessa serata, però, mi è stato comunicato che aveva firmato il provvedimento di revoca dell’incarico».
Come l’ha presa?
«Provo delusione, ma non perché ho perso l’incarico. Quando mi sono imbarcato in quest’avventura, non ero spinto né da interesse di carriera politica, perché alla mia età non è più il caso di parlarne, né da desideri utilitaristici, perché grazie a Dio non ho bisogno degli emolumenti che mi possono derivare dall’attività politica ed anche perché, dopo cinquant’anni di lavoro come magistrato, sono titolare di pensione, oltre ad esercitare la professione legale con un certo successo. Sono collegato con due diversi studi legali e faccio qualche lezione all’Università. Ci tengo a precisarlo perché ho letto in qualche articolo che finalmente sarei potuto andare sulle panchine a leggere il giornale. Mi animava il desiderio di fare qualcosa di utile per la mia città e questo mi ha portato in questi mesi anche a trascurare le mie attività professionali. Questo è il primo motivo di delusione».
 
Qual è il secondo?
«Non mi aspettavo di essere trattato in questa maniera. Fino al giorno prima della richiesta di lasciare l’incarico si erano instaurati rapporti cordialissimi, affettuosi e di rispetto reciproco. Avevo davvero la sensazione di essere impegnato in qualcosa di utile per la mia città. Sono, quindi, deluso per la perdita di questo rapporto umano e professionale».
Come è stato il suo lavoro come assessore?
«Mi piaceva, nonostante la grande responsabilità. La mia attività, soprattutto quella relativa alla delega alla Legalità, non si presta alla pubblicizzazione dei risultati, come, per esempio, accade quando viene colmata una buca stradale. In questi mesi sono intervenuto numerose volte, per approfondire questioni o bloccare appalti, ma è stato un lavoro silenzioso. Mi interrogo sull’epilogo di questa vicenda e, con la forma mentis del magistrato, prendo in considerazione tutte le ipotesi. Per cinquant’anni sono stato un magistrato definito “super attivo” e mi chiedo se, forse, tale attivismo possa aver creato qualche preoccupazione all’interno o all’esterno. Mi chiedo se, anche in ambienti fondamentalmente corretti come quelli che ho frequentato negli ultimi mesi, il fatto di vedere che mi interessavo di determinate questioni abbia potuto creare qualche preoccupazione».
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA