Per un Paese che chiude la porta all’atomo ce n’è un altro che, invece, rompe gli indugi e stabilisce un record continentale. Tutto in una manciata di ore.
La saga del nucleare, che nel cuore dell’Europa conosce alterne fortune, ha visto ad aprile, da una parte del Mar Baltico, la Germania mantenere fede all’impegno di spegnere gli ultimi tre reattori attivi, mettendo così fine a oltre sessant’anni di “matrimonio” con l’atomo e, dall’altra, la Finlandia tagliare il nastro della centrale di Olkiluoto 3: un appuntamento che nell’Ue mancava da 16 anni e nel Paese nordico da oltre 40. Il reattore da 1,6 Gigawatt - il terzo sull’omonima isola della costa occidentale - è anche il più grande d’Europa: secondo le stime, da solo sarà in grado di fornire energia alla Finlandia per almeno sessant’anni, riuscendo a soddisfare quasi un terzo del fabbisogno del Paese. Inizialmente prevista nel 2009, l’apertura dell’impianto è stata rinviata negli anni a causa di problemi tecnici. «La produzione di Olkiluoto 3 ha un ruolo importante nella transizione verde della Finlandia», ha dichiarato Jarmo Tanhua, l’amministratore delegato della compagnia energetica Teollisuuden Voima Oyj, che gestirà il sito.
LE POSIZIONI
Per i finlandesi, la scommessa sull’atomo è parte integrante della svolta green di cui i nordici sono pionieri in Europa. L’ambizione di Helsinki è raggiungere la neutralità climatica già nel 2035, cioè ben quindici anni prima rispetto al target emissioni nette zero del resto dell’Unione europea. La strategia fa leva su un mix energetico progressivamente meno dipendente dalle fonti fossili e che, accanto al crescente ruolo del nucleare, punta pure sulle rinnovabili come eolico, idroelettrico e biomasse. Secondo un report dell’Agenzia internazionale dell’energia, nel 2021 la Finlandia generava già il 33% di elettricità attraverso le sue centrali atomiche; un dato che - ci si attende adesso - supererà il 40% con Olkiluoto 3 in funzione. Uno spot in piena regola per l’atomo nell’Ue, tema che divide tradizionalmente il blocco in due, con i fautori del nucleare riuniti sotto le insegne della Francia e i detrattori che fanno quadrato attorno alla Germania.
LE DIFFERENZE
Nel pacchetto proposto dalla Commissione, il nucleare non figura tra le tecnologie strategiche (lo sono rinnovabili e la cattura e lo stoccaggio del carbonio), ma tra quelle che «possono dare un significativo contributo alla decarbonizzazione»: il focus è sulla quarta generazione e, in particolare, sui reattori modulari di piccole dimensioni e sui processi industriali che minimizzano la produzione di scorie. Parigi è in pressing sulle altre capitali e su Bruxelles per far fare al dibattito sul nucleare un salto di qualità e, per il momento, ha ottenuto pure un’apertura di credito da parte dell’Italia. Il nostro Paese, pur non avendo centrali operative da oltre trent’anni, ha deciso di partecipare in qualità di osservatore alla riunione dei Paesi dell’alleanza europea per rafforzare la cooperazione sul nucleare promossa proprio dalla Francia, il 28 marzo a Bruxelles e poi di nuovo il 16 maggio a Parigi (incontro aperto pure al Regno Unito come invitato). L’atomo è «strategico, insieme alle rinnovabili, per raggiungere i nostri obiettivi climatici», si legge in una nota diffusa dal governo francese. Un assist in chiave Ue per il fronte pro-nucleare italiano che vede la maggioranza di governo in prima linea: una mozione approvata a inizio maggio dalla Camera (dove è stata sostenuta anche dal Terzo Polo) impegna, infatti, l’esecutivo a valutare tutte le opportunità per reintrodurre l’atomo nel mix nazionale sul sentiero di una «piena autonomia energetica».