Happy Days, mostra a Roma per i giorni felici di Tapparini

Happy Days, mostra a Roma per i giorni felici di Tapparini
di Carmelo CIPRIANI
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Mercoledì 3 Maggio 2023, 10:33 - Ultimo aggiornamento: 11:06

È pittura spensierata, diretta, volutamente comunicativa e di facile comprensione, quella che da tempo pratica Vittorio Tapparini. La tela è per lui superficie su cui dare forma a un mondo parallelo, non strumento di rappresentazione della realtà ma al contrario antidoto ai mali da cui questa è afflitta; un'alternativa alla problematicità del vivere comune e un rifugio in cui ritrovare la spensieratezza perduta, la serenità della giovinezza e la felicità dell'amore. A queste atmosfere rimanda esplicitamente il titolo della sua ultima mostra, "Happy days", in programma da oggi fino al 7 maggio (vernissage domani alle 18.30), presso la Galleria dei Miracoli di Roma, spazio sito nella centralissima Via del Corso, al numero 528, tra Piazza Venezia e Piazza del Popolo, luogo che in passato ha ospitato altre mostre dell'artista.

Appena rientrato dall'esposizione a Bruxelles, Tapparini propone un nuovo appuntamento nella capitale con una mostra particolarmente evocativa a cominciare dal titolo che è anche un augurio: gli "happy days" sono i giorni felici da ricordare, quelli già vissuti ma anche quelli ancora da vivere.

 

L'odierna personale in particolare è unita da un filo rouge a quella tenuta nello spazio capitolino nel 2016, "Favole d'amore". Anche in quel caso l'artista, con le sue tipiche iconografie e il suo ductus favolistico, celebrava atmosfere gioiose e spensierate, rivelando - pur rimanendo saldamente collocato nel vasto alveo del pop - un'interpretazione di tipo surrealista che oggi cede il passo ad esternazioni di tipo espressionista, intraprese guardando più al versante della joie de vivre francese che non alla drammaticità tedesca. Ma se le aspirazioni espressioniste rinviano a cronologie antiche, i temi trattati, congiuntamente alla già ricordata interpretazione pop, rimandano indiscutibilmente al presente o, se si vuole, ad un recente passato, l'uno e l'altro rappresentati dall'intramontabile Vespa, oggetto cult per generazioni di giovani italiani e non solo, storico motorino Piaggio su cui migliaia di ragazzi e ragazze hanno vissuto le loro prime esperienze importanti, tanto amorose quanto sociali.

L'omaggio alla vespa, iconico modello delle due ruote nel mondo

«La Vespa è il primo scooter a firma italiana che ha conquistato il mondo - spiega Tapparini - chi non ricorda il film con Gregory Peck e Audrey Hepburn che contribuì a renderla celebre nel mondo con la famosa scena in cui si vedono i due attori a bordo di una Vespa 125 per le vie di Roma? Dopo la proiezione internazionale del film, la Vespa divenne iconico modello delle due ruote nel mondo.

I giorni felici che ho voluto raccontare in questa mostra sono i ricordi e le emozioni della mia infanzia, quando mio padre mi portava in giro con una Vespa e della mia giovinezza trascorsa in sella a quella icona della rinascita del nostro paese. Ieri come oggi c'è la stessa voglia di scorrazzare in Vespa, felici, con gioia di vivere e correre verso il futuro».

Celebrata dal cinema e dalla musica dagli anni Sessanta in poi, la Vespa è ancora oggi un simbolo dell'italianità nel mondo. Anche per questo Tapparini la omaggia con i suoi dipinti ritraendo due giovani in sella che attraversano l'Italia, lasciando alle loro spalle scenari di una favola reale, quella delle bellezze italiane, dal Colosseo alla costiera amalfitana, fino ai fichi d'india che contraddistinguono la Puglia ma anche l'intero meridione.

Nelle tele l'artista ricorda il suo passato ma anche quello di chi guarda, che a seconda del dato anagrafico è libero di indietreggiare fino alla nascita del mitico motorino. Se per Tapparini infatti gli anni rievocati sono gli Ottanta, quelli delle sue corse in moto, altri che s'immergeranno nei suoi quadri potranno ritrovare anni ancora precedenti, ma sempre connotati dalla stessa idea di libertà.

Alla rievocativa atmosfera dei quadri bene si adegua il titolo "Happy days". Come non pensare all'omonimo telefilm degli anni Settanta in cui si celebravano le vivaci avventure di un gruppo di spensierati giovanotti di Milwakee? Quella stessa spensieratezza, vissuta in prima persona dall'artista, oggi informa anche la sua pittura. In essa non è difficile riconoscere gli insegnamenti del padre Ugo dai quali però Vittorio si è presto emancipato, in giovinezza forse ancor più che nella maturità. Il gruppo Tracce di cui l'artista è stato componente e animatore, infatti, mostrava già sul principio degli anni Duemila, un approccio plurimo all'arte, poi superato da Tapparini con il deciso passaggio alla pittura. In questa, inaugurata con la già menzionata personale romana "Favole d'amore" del 2016, colori vivaci, talvolta squillanti, il modo di stenderli sulla tela, piani e compatti, le atmosfere di soave gaiezza, sembrano parafrasare, con più poesia che ironia, le corpulente figure paterne, ma i temi trattati così come le composizioni, ricche di spunti iconografici, mostrano l'individualità dell'artista, il suo sentire il presente. Ed è questo un presente dal quale l'artista fugge volentieri, un presente di guerra e miseria, al quale Tapparini contrappone la sua pittura felice, offrendo a chi guarda uno spazio alternativo, ricordando a tutti l'opportunità del vivere con gioia e di persistere nella ricerca di una felicità oggi smarrita ma mai persa per sempre.

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