Non ne aveva parlato due giorni fa davanti al capo del pool antiterrorismo milanese Alberto Nobili e al pm Luca Poniz e nemmeno ieri ne aveva fatto cenno a chi l'aveva incontrato in carcere. Oggi, invece, davanti al gip, Ousseynou Sy, l'ormai ex autista e 'lupo solitariò che ha tenuto in ostaggio per quasi un'ora e mezza 51 bambini e poi ha dato fuoco al bus, ha inserito nel suo racconto le «voci dei bambini che stavano morendo nel Mediterraneo» che gli avrebbero chiesto di fare qualcosa di «clamoroso, affinché questo non accada più».
Bus dirottato a Milano, il papà del bambino che ha dato l'allarme: «Ora cittadinanza italiana per mio figlio»
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Stando a quanto riferito dall'avvocato, «ha esposto le sue ragioni con un certo vigore». In sostanza, Sy ha ribadito ancora una volta di aver dirottato il bus che guidava, malgrado la recente condanna definitiva per molestie su un altro pullman e un precedente del 2007 per guida in stato d'ebbrezza, in nome dei bimbi migranti morti in mare. «Ho organizzato tutto (benzina e fascette per legare i ragazzini, ndr) in un paio di giorni, ma ci pensavo da tempo, il caso della 'Mare Joniò mi ha dato la spinta», avrebbe detto. E ha ripetuto che il bus ha preso fuoco in modo accidentale. Al contrario, i pm sono convinti che le fiamme le abbia appiccate lui mentre i bambini riuscivano ad uscire dai finestrini, tanto che si è ustionato una mano. Oggi, poi, a detta del difensore, «ha lodato la politica italiana in tema di migrazioni, perché è l'unico Paese che salva le vite e spende per questo milioni di euro». Ad ogni modo, terrorizzando 51 ragazzini voleva «cambiare la politica italiana e mondiale sull'immigrazione», ovvero «fare sì che gli africani restino in Africa, ma che venga accolto in Europa chi è in viaggio». Ha detto ancora una volta di aver fatto un video-manifesto inviato ai suoi conoscenti e gli investigatori stanno lavorando per acquisirlo. Ha parlato «dello sfruttamento economico dell'Africa da parte dell'Europa» e detto che la sua meta era Linate dove avrebbe preso un aereo «per tornare in Senegal». Quel coltello l'aveva con sé perché «durante i turni serali gli autisti si portano strumenti di difesa».