Dall’analisi del cellulare potrebbero arrivare i riscontri attesi dagli investigatori sull’omicidio di Luigi Guadadiello. Tutte le conversazioni, chiamate, messaggi, chat whatsapp e instagram, attivate dall’uomo nelle ultime 48 ore di vita, saranno poste sotto la lente degli investigatori con l’obiettivo di risalire al movente e agli autori dell’agguato mortale consumato sotto l’abitazione del 42enne in via Donizetti, la sera del 13 giugno scorso a Squinzano. Ieri mattina la pm della Dda, Giovanna Cannarile, ha conferito incarico di verificare la memoria dell’iPhone di Guadadiello, all’ingegnere Antonio Tamborrino. Analisi che verrà eseguita alla presenza dell’ingegnera Luigina Quarta, consulente di parte nominata dall’avvocato Giuseppe Presicce, difensore dei familiari della vittima. Negli accertamenti richiesti dagli inquirenti entreranno anche le celle telefoniche, per verificare gli spostamenti della vittima, o eventuali altri apparecchi telefonici che hanno agganciato la cella nei pressi dell’abitazione di Guadadiello.
Le indagini
Le indagini dei carabinieri infatti, dopo aver guardato agli equilibri interni all’ambito leccese della criminalità organizzata, hanno spostato le attenzioni nell’area brindisina, convinti di poter trovare la corretta chiave di lettura dell’azione criminale.
I punti oscuri
Tuttavia i punti oscuri della vicenda restano diversi. Il profilo della vittima rimane elemento centrale nelle indagini dei carabinieri: Guadadiello, in passato è stato coinvolto in numerose inchieste sulla criminalità salentina. Ritenuto, insieme ai fratelli, un elemento di vertice di un gruppo operante proprio tra Squinzano e il territorio brindisino. Nel marzo scorso aveva finito di scontare la pena (16 anni) per l’omicidio di uno straniero, commesso nel 2008 in provincia di Bergamo, che riteneva avesse stuprato la sua fidanzata. Guadadiello però, di recente, era finito anche nelle carte dell’operazione “Filo di Arianna” condotta dai Ros di Lecce.
L’uomo non era tra gli indagati, ma nei dialoghi intercettati dagli inquirenti, il suo nome compariva con l’appellativo “i Guadadie” – compatibile secondo i carabinieri con Luigi Guadadiello e i suoi due fratelli - per controversie sorte tra i diversi clan esistenti nel nord Salento, nella gestione della piazza della droga tra Squinzano e il territorio brindisino di Torchiarolo e Cellino San Marco.