Balneari, il governo chiede tempo alla Commissione Europea

L’Esecutivo insiste: mappatura della costa da completare e legge di riordino da mettere a punto

Balneari, il governo chiede tempo alla Commissione Europea
di Paola ANCORA
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Martedì 16 Gennaio 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 17 Gennaio, 07:38

L’Italia insiste: ci sono vaste porzioni di litorale fruibile e concedibile, dunque la direttiva Bolkestein non andrebbe applicata. Per dimostrarlo, oggi, il Governo Meloni chiederà alla Commissione europea più tempo per completare il lavoro di mappatura degli spazi demaniali e per mettere a punto una legge di riforma complessiva del comparto, cercando così di centrare due risultati: evitare la procedura d’infrazione già avviata e superare l’appuntamento con le Europee senza perdere il sostegno delle imprese balneari, circa 30mila in tutto il Paese. 

Le posizioni


Che poi, in un modo o nell’altro, si debba dare seguito al principio delle gare già previsto al Codice della navigazione e cardine del diritto europeo, sembra dato come un fatto inevitabile ormai da tutti, anche dai più recalcitranti come il ministro per le Infrastrutture Matteo Salvini che il 10 gennaio scorso, dalla poltrona della trasmissione “Porta a Porta” su Rai1 ha chiarito che si valuterà una sorta di «buonuscita per gli attuali concessionari». I termini della questione sono ancora confusi e le divisioni nei partiti e nel Governo ancora molte e profonde: se Salvini spinge per un rinvio, di tutt’altro avviso è il ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto che da tempo caldeggia la risoluzione del problema, con indirizzi che prevedano gare pubbliche e premialità specifiche per i concessionari uscenti che volessero partecipare ai bandi. Una strada, questa, che forse avrebbe disinnescato già tempo addietro l’iter della procedura d’infrazione mettendo l’Italia al riparo da una maxi multa.
Oggi invece il Governo giocherà il tutto per tutto. Consegnerà a Bruxelles nuova documentazione sulla mappatura della costa, in base alla quale appena il 33% delle aree demaniali è occupata da concessioni. Dati in contrasto con quelli raccolti da Ispra (libero appena il 29% del litorale fruibile) e da Legambiente nel Rapporto spiagge, secondo il quale il 42,8% delle coste basse - non del totale - è occupato da concessioni, percentuale che in alcune regioni sale al 70 o all’80%.

E se il commissario per il Mercato interno Thierry Breton ha ribadito, ancora pochi giorni fa, che «la Commissione ha in piedi un dialogo continuo e costruttivo con l’Italia», bisognerà capire quanta forza avranno gli argomenti che oggi verranno presentati dal Governo e, in subordine, in virtù di quali strettoie giuridiche diverrebbe possibile per la Commissione concedere all’Italia altro tempo per mettersi in regola, visto che l’infrazione è scattata anche per altri Paesi europei, come Spagna e Portogallo. 

L'Europa


L’Europa chiede che le norme nazionali si adeguino alla direttiva Bolkestein sulla concorrenza e assicurino la parità di trattamento degli operatori, senza alcun vantaggio diretto o indiretto per alcuno specifico imprenditore e che «promuovano l’innovazione e la concorrenza leale, prevedano un’equa remunerazione degli investimenti effettuati e tutelino dal rischio di monopolio delle risorse pubbliche a vantaggio dei consumatori e delle imprese». Trasparenza e imparzialità sono principi sui quali Bruxelles non scenderà a compromessi e da questi bisognerà ripartire per riformare un settore che vive nell’incertezza ormai da troppi anni. E l’incertezza, si sa, è nemica degli investimenti.
Basti pensare che, a oggi, nel quadro di assoluta confusione che si è creato in Italia ci sono Comuni che hanno prorogato le concessioni al 31 dicembre 2024 senza prevedere bandi di alcun tipo e altri che lo hanno fatto predisponendo bandi pubblici per concedere almeno i tratti di costa attualmente liberi, come sta avvenendo a Lecce. Una situazione nella quale ciò che sarà possibile in una città potrebbe risultato vietato in un’altra, mentre l’estate si avvicina e, con lei - ambientalisti e consumatori lo dicono da tempo - il rischio di un aumento indiscriminato dei prezzi senza un contestuale e proporzionale adeguamento dei servizi resi da imprenditori che, a oggi, non sanno se e per quanto tempo resteranno ancora al timone di un’attività che, in qualche caso, portano avanti da quarant’anni o più. 

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