Balneari, intervista al prof Portaluri: «La pronuncia non entra nel merito: partita tutt'altro che chiusa»

Balneari, intervista al prof Portaluri: «La pronuncia non entra nel merito: partita tutt'altro che chiusa»
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Venerdì 24 Novembre 2023, 07:25 - Ultimo aggiornamento: 07:27

«La partita non è chiusa, la Cassazione non è entrata nel merito delle molte questioni sul tavolo». Il professore dell'Università del Salento, Pier Luigi Portaluri, commenta così la sentenza sulle concessioni ai balneari.
Professor Portaluri, la Cassazione ha annullato la sentenza del Consiglio di Stato che riteneva improrogabili le concessioni ai balneari. Partita chiusa e quindi libera prorogabilità?
«Direi di no. Come sempre, bisogna mettere ordine. E interpretare la portata di questa decisione. Il dibattito fra noi giuristi è già iniziato. Ma in questi termini: se si tratti di una pronuncia sostanzialmente inutile o se da oggi cambi qualcosa».
Come sarebbe a dire?
«La Cassazione piaccia o non piaccia non è entrata nel merito delle molte questioni sottoposte alla sua attenzione. Si è fermata molto prima. Ha rilevato soltanto che il Consiglio di Stato aveva erroneamente precluso l'ingresso in giudizio ad alcune associazioni di categoria e a una regione. E quindi ha annullato la sentenza di Palazzo Spada. Tutto qui».
Come funziona questo meccanismo?
«Potrebbe apparire un po' bizzarro, ma invece è assolutamente logico. Si chiama "assorbimento dei motivi". Se un giudice qualunque esso sia si rende conto che una parte è stata ingiustamente estromessa dal processo, deve arrestarsi; e deve quindi assicurare la completezza del contraddittorio prima di decidere chi ha torto o ragione».
Davanti al Consiglio di Stato mancavano alcune parti.
«Le associazioni di categorie e una regione erano intervenute in quel processo, ma Palazzo Spada aveva ritenuto che non fossero legittimate a spiegare le loro ragioni a sostegno dei balneari. Diciamo che la Cassazione le ha reintegrate, consentendo loro non solo di parlare, ma anche di avere una risposta dal Consiglio di Stato».
E ora?
«Ora la palla passa anzi, torna al Consiglio di Stato, cui infatti la Cassazione ha rinviato la trattazione dell'affare giurisdizionale».
Anche lei, Professore, ritiene che la sentenza sia inutile?
«No. Ma devo subito spiegarmi per evitare equivoci che in questa storia infinita sono facili. La pronuncia come dicevo non è entrata nel merito. Quindi il tema delle proroghe resta esattamente dov'era prima».
E allora in cosa consiste, a suo avviso, la novità?
«In due aspetti. Anzitutto quello più evidente. Stabilendo che il processo è da rifare, la Cassazione ha consentito detto in termini sportivi che la partita si giochi nuovamente. Non mi sembra, dal punto di vista dei "contendenti", un fatto secondario».
E il secondo?
«È quello più tecnico, che si collega a ciò che ho detto prima. Trascrivo il passo della sentenza: "Non puo essere accolta la richiesta di enunciare, ai sensi dell'articolo 363 cod. proc. civ., i principi di diritto nell'interesse della legge sulle questioni trattate nei restanti motivi assorbiti, sulle quali spettera al Consiglio di Stato pronunciarsi nuovamente, anche alla luce delle sopravvenienze legislative, avendo il Parlamento e il Governo esercitato, successivamente alla sentenza impugnata, i poteri normativi loro spettanti".
Può tradurre?
«Dal giuridichese, vero? Subito. La Corte suprema ci sta dicendo che non può pronunciarsi sulla questione sostanziale, cioè sulla prorogabilità delle concessioni. Perché prosegue è il Consiglio di Stato a doversi pronunciare sul punto. Irreprensibile».
La nuova partita, insomma. Pronostici?
«Figuriamoci. Usando quel "latinorum" che piace tanto ai giuristi, direi: habent sua sidera lites. Ogni vicenda giudiziaria segue l'influsso imperscrutabile della sua propria costellazione. Qui poi c'è un margine di incertezza ancora maggiore, per un motivo specifico».
Quale?
«Come in quel passo la Cassazione ha doverosamente puntualizzato, nel frattempo il Governo e il Parlamento non sono stati a guardare, ma hanno emanato ulteriori norme. Il che complica il compito di Palazzo Spada. Ecco un'altra dose di "latinorum": si chiama ius superveniens, cioè diritto sopravvenuto rispetto al quadro normativo esistente nel momento in cui fu adottato il provvedimento del Comune di Lecce portato dapprima alla cognizione del Tar salentino, e poi su richiesta del Sindaco Salvemini allo scrutinio dell'Adunanza plenaria. Era il 2020».
La Cassazione ci dice altro?
«Una cosa molto importante, anche se poco appariscente e particolarmente tecnica.

Qualche collega accademico ha già definito questo passaggio addirittura storico. Impossibile riassumerlo, poiché ha alle spalle più di duemila anni di pensiero giuridico. In sostanza, la Cassazione ha affermato che è il processo la sede dove i diritti e gli interessi legittimi trovano «autentica individuazione», e vengono riconosciuti come meritevoli di tutela. È lì, insomma, l'alba di tutto».

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