Referendum, D'Alema in Puglia fa campagna per il "no": «Riforma pasticciata, scritta in politichese»

Referendum, D'Alema in Puglia fa campagna per il "no": «Riforma pasticciata, scritta in politichese»
di Francesco G. GIOFFREDI
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Martedì 12 Luglio 2016, 08:07
Questa volta non c’è vertice nell’ombra, né (presunto) inganno. Massimo D’Alema sbarca in Puglia e dispiega alla luce del sole le insegne del “no” alla riforma costituzionale e al referendum. Anzi: in fondo è qui per questo, e cioè per cementare il gruppo storico di fedelissimi attorno alla battaglia, per abbozzare la campagna, per aprire a ventaglio le ragioni della bocciatura del disegno di legge renziano, e infine per pescare il jolly della “riforma dalemiana” - quella dei «tre articoli semplici, scritti in italiano e non in politichese». Bari e Lecce, tappe quasi da protocollo ultra-trentennale, il tutto condito da due sms al Pd, al premier e ai pontieri più o meno vigili e attivi in queste ore: la ventilata modifica dell’Italicum (che nell’architettura renziana viaggia parallelamente al nuovo bicameralismo) «può aprire al dialogo più che alle tensioni»; bene l’ipotizzato - ma difficile - spacchettamento del quesito referendario in cinque sotto-quesiti perché «l’ipotesi più corretta era quella di più ddl di riforma costituzionale». La via, ora, per riaprire la strada a una riforma seria è «respingere questo accrocchio».

Nella Puglia di Michele Emiliano, altro corazzato dissidente che strizza l’occhio al fronte del “no”, D’Alema però nega categoricamente di aver incrociato il governatore. Solo una voce circolata con insistenza per tutta la mattinata, D’Alema archivia con un «chiedete a lui» le domande su Emiliano e il suo posizionamento. Di certo ieri l’ex premier ha incontrato circa 30 dirigenti e militanti all’hotel Parco dei principi di Bari. Porte sprangate, messaggi nitidi: «non è una battaglia personale», così congegnata la riforma è «inaccettabile», e allora via al coordinamento dei comitati del “no” nella regione-culla del dalemismo. Volgendo lo sguardo «a tutto il centrosinistra, non solo al Pd», il che stuzzica la fantasia di chi tra i fedelissimi già intravede lo spazio per evoluzioni politiche post-referendarie: un nuovo partito, o la sfida congressuale del Pd. All’incontro hanno preso parte i consiglieri regionali Ernesto Abaterusso (un dalemiano di ferro), Mario Loizzo e Giuseppe Romano, e c’erano anche i sindaci di Patù, Alessano e Sternatia, e poi amministratori di Tricase, Nardò, Diso, Parabita, Trepuzzi, Cavallino, Grottaglie. Già prende forma peraltro l’organizzazione interna: sarà Abaterusso a coordinare la macchina. Saggiamente evitati, da entrambe le parti, i contatti Emiliano-D’Alema, ma il canale di comunicazione è tutt’altro che chiuso.

A Lecce - nell’operazione “tuffo nella memoria” per la presentazione del libro di Sandro Frisullo, la platea è colma di sodali di sempre - D’Alema impugna il fioretto e affonda pubblicamente i colpi. L’Italicum? «La richiesta di correggerlo veniva dalla minoranza del partito, mi pare. Se c’è la disponibilità a cambiare la legge, questo fatto aprirà un dialogo più che delle tensioni. Ma mi sembra tutto molto vago, se devo essere sincero». Il possibile spacchettamento? «A parte la formulazione orribile della parola, evidentemente l’ipotesi più corretta sotto il profilo costituzionale era fare più ddl di riforma costituzionale. L’articolo 138 della Costituzione è stato pensato per parziali modifiche, non per riscrivere la Costituzione. Il testo su cui votare è un volume, scritto in politichese, su cui si dovrebbe votare in blocco “sì” o “no”. questa non è una cosa seria, chi ha progettato un disegno di questo genere ha un sostanziale disprezzo della democrazia.

E allora - argomenta l’ex premier - l’ipotesi di suddividere la materia in diversi quesiti è più corretta, ma non so se ancora concretamente praticabile». Con spolverata di pepe: «Tutte queste buone idee sono venute all’ultimo momento, presi dalla paura di perdere, ma se si fosse pensato prima sarebbe stato meglio, visto che queste proposte sono state avanzate molto prima...». Dal fioretto alla sciabola non appena s’apre la scatola della riforma, «e cito solo un aspetto come esempio»: «È pasticciata e confusa, ci porta a un bicameralismo confuso, con una una sorta di Senato di serie B che dovrebbe svolgere una serie di funzioni, ma non si capisce come, visto che è composto di consiglieri e sindaci che hanno un altro lavoro, che non si sa come potrebbero passare cinque giorni a Roma a esaminare provvedimenti. Come hanno scritto i maggiori costituzionalisti italiani, passiamo dal bicameralismo perfetto a quello confuso». Col rischio o la quasi certezza, complice l’Italicum, di favorire «il cammino del M5s al governo».

Ecco poi la contromossa: «Ho proposto un’altra riforma molto semplice, tre articoli di tre righe scritti in italiano, senza quel pastrocchio. Riduzione complessiva del numero dei parlamentari, rapporto fiduciario del governo solo con la Camera, niente più “navetta” nell’approvazione dei un testo di legge». Il “lodo D’Alema”, commenta lui stesso, potrebbe essere condotto in porto «senza colpi di mano, visto che diversi parlamentari del centrodestra hanno espresso parere favorevole. Se si vuole si può fare». Ma difficilmente si vorrà, e allora la guerra è solo agli albori.
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