Sequestrati giornali e Tv del gruppo Ciancio: c'è anche la Gazzetta del Mezzogiorno

Sequestrati giornali e Tv del gruppo Ciancio: c'è anche la Gazzetta del Mezzogiorno
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Lunedì 24 Settembre 2018, 13:19 - Ultimo aggiornamento: 19:53
BARI - Sequestro e confisca di beni per l'imprenditore e editore Mario Ciancio Sanfilippo, 86 anni, imputato in un processo a Catania per concorso esterno alla mafia colpito da un decreto della sezione misure di prevenzione del tribunale su richiesta della Dda ed eseguito dai carabinieri del Ros e del comando catanese. Tra i beni, ancora da valutare complessivamente e che per il procuratore Carmelo Zuccaro hanno un valore non inferiore a 150 milioni di euro, vi sono il quotidiano La Sicilia, la maggioranza delle quote della Gazzetta del Mezzogiorno di Bari e due emittenti televisive regionali, Antenna Sicilia e Telecolor, la società che stampa quotidiani Etis e la Simeto docks concessionaria di pubblicità e affissioni. Il Tribunale ha nominato dei commissari giudiziari per garantire la continuazione dell'attività del gruppo. Nel complesso sono stati sequestrati conti correnti, polizze assicurative, 31 società e quote di partecipazione di altre 7 società. Ciancio Sanfilippo, che è stato presidente della Federazione italiana editori giornali, è socio dell'Ansa ed è direttore responsabile de La Sicilia, ribatte che i suoi avvocati «sono già al lavoro per predisporre l'impugnazione in Corte di Appello». «Ritenevo di avere dimostrato - spiega - attraverso i miei tecnici e i miei avvocati, che non ho mai avuto alcun tipo di rapporto con ambienti mafiosi e che il mio patrimonio è frutto soltanto del lavoro di chi mi ha preceduto e di chi ha collaborato con me. Ritengo che le motivazioni addotte dal Tribunale siano facilmente superabili da argomenti importanti di segno diametralmente opposto, di cui il collegio non ha tenuto conto». «Sono certo - aggiunge - che questa vicenda per me tristissima si concluderà con la dovuta affermazione della mia totale estraneità ai fatti che mi vengono contestati, come dimostra la mia storia personale, la mia pazienza e la mia ormai lunga vita nella città di Catania». La vicenda giudiziaria che riguarda l'editore è travagliata e comincia nel 2010 con l'apertura dell'indagine nei suoi confronti. Poi la richiesta di archiviazione da parte della procura e l'ordine del gup per nuove indagini nel 2012. Nel 2015 un altro giudice decide il non luogo a procedere. La procura ricorre in Cassazione e la Suprema corte annulla con rinvio il proscioglimento: si arriva così al rinvio a giudizio nel giugno 2016 per concorso esterno alla mafia e quindi all'inizio del processo nel marzo scorso. In questo contesto s'inserisce poi il sequestro di beni per circa 17 milioni nel giugno 2015. Preoccupazione per le testate sequestrate viene espressa dalla Fnsi e dalle associazioni della stampa di Sicilia, Puglia e Basilicata. Il sindacato dei giornalisti evidenzia «il rischio che tale provvedimento possa mettere a repentaglio la sopravvivenza di aziende editoriali che rappresentano un patrimonio per l'informazione nel Mezzogiorno». Il ministro per il Sud Barbara Lezzi, parla di «brutta notizia per l'informazione» e si dice vicina «ai lavoratori delle testate». Claudio Fava, presidente della commissione regionale antimafia dice: «Se vi sarà confisca, si affidi la testata ai giornalisti siciliani che in questi anni hanno cercato e raccontato le verità sulle collusioni e le protezioni del potere mafioso al prezzo della propria emarginazione professionale, del rischio, della solitudine».
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