La disastrosa guerra tra Russia e Giappone ad inizio ‘900, provocata da Nicola II, ha finito per accelerare la fine dell’impero zarista. E tra i tanti danni conseguenti, è arrivata anche nell’ottobre del 1904 a portar via il marito alla pittrice Vanessa Borowski. Sarà anche per questo che “Vanessa detesta lo zar – scrive Alessandro Fullin, e incalza – non possiamo darle torto. Nicola II è bellissimo e contemporaneamente un idiota: è incredibile come i russi abbiano la capacità di affidarsi sempre a uomini che sembrano tanto rassicuranti e che invece sono degli autentici criminali…”.
Storia e ironia nella Russia zarista
Nessun riferimento al presente, per carità: siamo a pagina 9 di un romanzo intrigante, inzuppato di Storia e di Letteratura, e rinfrescato da una shakerata di acuta ironia. Ficcante e contagiosa di cui si è appena letto un assaggio. Si tratta di “Nudo maschile in arancione e giallo” (Manni; 15 euro; 192 pagine) di Alessandro Fullin che segue la storia della pittrice Vanessa, nata a Varsavia nel 1881, in una città polacca che però è in mano ai russi. Lei, tra le sue predilezioni, al di là di tristi nature morte, si scopre innamorata della composizione di ritratti di corpi maschili senza veli. E già solo per questo, dunque, conquista per il suo essere un’irresistibile anticonformista.
Siamo al centro della roboante Europa, nel fermento dei primi anni del ‘900, tra una Polonia centro di mire di potere, in parte invasa dai russi, e una terra tedesca in cui la nostra pittrice si sposterà inseguendo l’idea di un ambiente artistico più vivace. Ed è lì, a Wroclaw, dove gli alberi si specchiano nell’Oder ricordando i quadri di Monet, che la storia accompagna il lettore davanti ad un altro grande personaggio femminile di questo libro, destinato a ‘restare’, come l’intraprendente Vanessa, e si tratta della contessa Aleksandra Zadkaja.
Improbabili eroine e artisti spregiudicati
L’antica famiglia di questa contessa disponeva di immense fortune per aver introdotto in Slesia la coltivazione della patata, tanto da esibirla nello stemma di famiglia, tra un orso e una lumaca. Eppure la nobildonna organizza strane cene, con stoviglie pur pregiatissime riempite però solo da una brodaglia di piselli secchi, e guarda caso proprio nel giorno in cui la sua storica donna di servizio, Elsa, è libera. Qualcosa non quadra intorno a lei, visto che peraltro i pregiati quadri di famiglia sono andati via via scomparendo dalla magione, che la povera Elsa è ormai defunta e che non c’è attività commerciale in città a cui la contessa non debba dei soldi. “Come spesso succede nella storia di una dinastia – scrive Fullin – basta un unico membro scellerato per disperdere la ricchezza accumulata da generazioni…”. Si sente sempre tra le pagine l’eco della Storia che tante cose insegna, e che se venisse più studiata e conosciuta aiuterebbe sovente l’uomo del presente, avvantaggiandolo con le esperienze di chi lo ha preceduto.