Accertamenti, i rimedi del Fisco
peggiori del male

Accertamenti, i rimedi del Fisco peggiori del male
di Maurizio VILLANI
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Giovedì 26 Maggio 2011, 13:29 - Ultimo aggiornamento: 13:30
Tra poco pi di un mese gli avvisi di accertamento ai fini delle imposte sui redditi, dell’Irap e dell’Iva emessi dall’Agenzia delle Entrate, decorsi 60 giorni dalla notifica, diventeranno immediatamente esecutivi e la
riscossione delle somme richieste, in deroga alle disposizioni in materia di iscrizione a ruolo, sarà affidata direttamente agli agenti della riscossione (Equitalia SpA) anche e soprattutto ai fini dell’esecuzione forzata.



In definitiva, dal primo luglio prossimo, l’avviso di accertamento cumulerà la cartella esattoriale. Si tratta di una normativa eccessivamente penalizzante per i contribuenti che causerà notevoli problemi e, soprattutto, potrà comportare un elevato rischio di avvio di procedure concorsuali.

L’agente della riscossione, infatti, decorsi 30 giorni, sulla base del titolo esecutivo, senza la preventiva notifica della cartella di pagamento, procederà ad espropriazione forzata. A partire dal 61esimo giorno dalla notifica dell’avviso di accertamento, le somme richieste saranno maggiorate degli interessi di mora, calcolati a partire dal giorno successivo della notifica degli atti; inoltre, all’agente della riscossione spetteranno l’aggio - interamente a carico del debitore - ed il rimborso delle spese relative alle procedure esecutive. Infine, la dilazione del pagamento (fino a 72 rate) potrà essere concessa solo dopo l’affidamento del carico all’agente della riscossione.

Residua l’ipotesi piuttosto scolastica per cui il contribuente potrà sempre chiedere la sospensione amministrativa. Tale procedura è stata fortemente criticata dagli operatori tant’è che il legislatore, con il decreto legge sullo Sviluppo, ha cercato di attenuarne gli effetti negativi stabilendo che, in caso di richiesta di sospensione giudiziale degli atti esecutivi, non si proceda all’esecuzione fino alla decisione del giudice e comunque fino al 120esimo giorno.



Tuttavia, nonostante l’impegno del legislatore, l’impianto normativo non è stato minimamente modificato perché gli avvisi di accertamento restano immediatamente esecutivi dopo 60 giorni dalla notifica ed il contribuente ha soltanto le seguenti opzioni:

1. pagare entro 60 giorni per evitare accessori e rischi dell’esecuzione;

2. trascorsi 60 giorni dalla notifica, pagare nei successivi 30 giorni per evitare l’esecuzione, ma deve corrispondere l’aggio, gli interessi di mora e non può chiedere la dilazione del pagamento;

3. in ogni caso, rischiare le procedure cautelari dell’agente della riscossione.

Se chiede la sospensione al giudice tributario (articolo 47 decreto legislativo numero 546/92) può sospendere il pagamento fino alla decisione del giudice e comunque fino al 120esimo giorno dall’istanza se nel frattempo non interviene un’ordinanza di sospensione.

In sostanza, se il contribuente non paga entro 30 giorni, l’agente della riscossione può comunque adottare e segnalare le procedure di garanzia come ipoteche, pignoramenti presso terzi, blocchi dei pagamenti della pubblica amministrazione e fermi amministrativi, con evidenti danni sull’attività d’impresa. In un quadro così delicato per l’economia, tale normativa non fa che aggravare la situazione delle imprese, ponendole in una posizione minoritaria rispetto al Fisco.

Occorre considerare, infatti, che il termine di 120 giorni è alquanto ristretto, perché è difficile che i giudici tributari riescano a pronunciarsi nel suddetto termine, soprattutto se dal primo luglio una massa enorme di ricorsi conterrà anche le relative istanze di sospensione.

Certo, il contribuente potrà cercare di prendere tempo: 60 giorni per il ricorso; 90 giorni di sospensione da accertamento con adesione (Cass. n. 15171/2006 e ord. n. 140/2011 Corte Cost.); 46 giorni eventuali da sospensione feriale dei termini processuali; 30 giorni di limbo in cui è possibile pagare senza che scatti l’affidamento; 120 giorni che rappresentano il termine massimo di sospensione, nel caso in cui il giudice tributario non sia ancora giunto alla decisione sull’istanza di sospensione presentata; per un totale di 346 giorni.

Questa strategia processuale, però, non risolve il problema giuridico di fondo e serve soltanto a procrastinare il relativo pagamento con l’aggravio degli ulteriori interessi ed accessori.

Di fronte a tale situazione, occorre che contribuenti, professionisti, ordini professionali e tutte le associazioni di categoria facciano sentire la propria voce, impegnandosi per ottenere l’abrogazione totale della norma almeno fino a quando, nel contesto generale della riforma del fisco e della giustizia, non sarà totalmente riformato il processo tributario, dando maggiori garanzie difensive al contribuente anche nella fase cautelare, da estendere senza limiti in appello.



Proprio su tali argomenti si dibatterà nel convegno “Crisi Finanziaria: effetti devastanti degli accertamenti esecutivi sull’attività d’impresa” organizzato da Confindustria Lecce, con l’Alto Patrocinio del Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria, domani all’Hotel President – ore 17.00. L’obiettivo, oltre ad illustrare l’impianto normativo, è quello, nell’impossibilità di ottenere l’abrogazione, di formulare ipotesi e correttivi che ridiano centralità al ruolo dell’impresa, riportando nei ranghi della parità il rapporto imprese/fisco.


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