«Cori razzisti allo stadio con il verso della scimmia». Sette tifosi del Gallipoli a processo

«Cori razzisti allo stadio con il verso della scimmia». Sette tifosi del Gallipoli a processo
3 Minuti di Lettura
Lunedì 19 Febbraio 2024, 21:53

Sette tifosi del Gallipoli 1909 a processo per difendersi dall’accusa di cori razzisti verso quattro giocatori del Mesagne Calcio in occasione della partita del 16 settembre 2018 valevole per il campionato di Eccellenza. Versi della scimmia come quelli che in tempi recenti hanno fatto indignare e chiedere provvedimenti incisivi al portiere del Milan, Mike Maignan, durante il match ad Udine. A Brindisi il processo davanti al giudice Ambrogio Colombo sta andando verso la chiusura dell’istruttoria dibattimentale: dopo l’udienza di ieri il 20 maggio sarà sentito l’ultimo testimone e sarà posi fissata la discussione.

I nomi dei sette a processo


Risponde della violazione della legge Mancino che vieta l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi un gruppo di tifosi identificati dalle indagini condotte dal procuratore Antonio De Donno con i poliziotti dei commissariati di Mesagne e Gallipoli, nonché con i colleghi della Digos di Lecce. Sei dei quali indicati come appartenenti alla frangia “Identità&Appartenenza”: Stefano Spada, 37 anni, di Gallipoli; Vittorio Tondo, 31 anni, di Gallipoli; Francesco Cataldi, 32 anni, di Sannicola; Salvatore Esposito, 25 anni, di Gallipoli; Pierluigi Casalino, 25 anni, di Gallipoli; Mattia Nazaro, 27 anni, di Gallipoli; ed Andrea Piccinonno, 31 anni, di Gallipoli.


Il confronto fra accusa e difesa (gli avvocati Giuseppe Milli e Antonio Palumbo) servirà a stabilire se quei cori e la mimica della scimmia contestata al solo Nazaro fossero rivolti ai giocatori del Mesagne Ibrahima Sakho, 26 anni, del Senegal; Bakary Nyassi, 25 anni, del Gambia; Mbagnick Pape Toure, 24 anni, del Senegal; e Bamba Amadou, 24 anni, del Mayamba, quest’ultimo in panchina mentre gli altri tre erano in campo.

Oppure - come sostiene la difesa - ad un giocatore del Gallipoli macchiatosi dell’onta - secondo il metro di giudizio degli ultrà - di avere giocato nella squadra degli odiati cugini del Casarano.

I cori razzisti


Nessun dubbio pare invece esserci sui cori razzisti inneggiati dalla tifoseria ospite, alla luce delle riprese effettuate quel giorno dagli operatori di polizia ed entrate a fare parte del fascicolo del processo. Peraltro per quelle esternazioni offensive il Gallipoli 1909 fu multato di 500 euro da scontare con partite a porte chiuse, con questa motivazione: «Sostenitori che occupavano la tribuna dietro l’assistente numero due, emettevano mugugni ed ululati schermitori, discriminanti, all’indirizzo dei tesserati di colore della società ospitante».

Le telecamere


Chi avrebbe partecipato a quelle esternazioni configurabili penalmente con la diffusione di idee fondate sulla superiorità e sull’odio razziale o etnico, fu inquadrato dalle telecamere della polizia fra le 15.56 e le 15.57. I filmati vennero poi inviati al commissariato di Gallipoli dove gli attuali imputati vennero riconosciuti dai poliziotti per conoscenza diretta o confrontando i fotogrammi con le foto a disposizione dell’ufficio per via del procedimenti Daspo e dei procedimenti penali per lesioni e minacce, anche in ambito sportivo, a cui sono stati sottoposti alcuni di loro.


Per quei cori del 16 settembre spetterà alla sentenza stabilire la prima verità, fermo restando il principio di non colpevolezza fino al pronunciamento dell’ultimo grado di giudizio.

© RIPRODUZIONE RISERVATA