«No all’Italia divisa», parte da Lecce la mobilitazione contro l’autonomia differenziata

A Lecce il convegno di “Con” e l’invito del centrosinistra, dei sindaci del Sud e dell’economista Viesti a un impegno attivo contro il Ddl Calderoli. Decaro: «Vulnus causato da noi». Delli Noci e Stefanazzi: «Governo sordo»

«No all’Italia divisa», parte da Lecce la mobilitazione contro l’autonomia differenziata
di ​Paola ANCORA
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Martedì 30 Gennaio 2024, 07:47 - Ultimo aggiornamento: 09:08

Una mobilitazione popolare per fermare il cammino dell'autonomia differenziata, che frantumerà il Paese in mille pezzi, moltiplicando i centri decisionali, consegnando l'amministrazione della cosa pubblica alla confusione e alimentando, con doppioni e iter più lunghi, la già elefantiaca burocrazia italiana. A invocare un impegno attivo dei cittadini pugliesi e meridionali sono stati ieri, dalle Officine Cantelmo a Lecce, gli ospiti del convegno organizzato da “Con” e intitolato proprio “Autonomia differenziata, nuovi divari fra Nord e Sud”. Sul palco, insieme al coordinatore provinciale del partito Luca De Carlo, l'assessore regionale Alessandro Delli Noci – che di “Con” è stato il padre -, il sindaco di Bari e presidente Anci, Antonio Decaro, il deputato dem Claudio Stefanazzi e l'economista dell'Università di Bari, Gianfranco Viesti. Nella sala gremita tanti sindaci, fra i quali il primo cittadino di Lecce Carlo Salvemini e poi il presidente della Provincia, Stefano Minerva.

Un incontro che ha voluto proporsi come una prima picconata al muro del silenzio che «avvolge le scelte fatte da questo Governo sul Mezzogiorno, con la centralizzazione delle Zes e dei fondi di coesione» ha messo in guardia Delli Noci in apertura, invitando a «un cambio di marcia indispensabile».

Per impedire, innanzitutto, che «ci si ritrovi con delle Regioni-Stato che esautorerebbero il Parlamento», cambiando profondamente l'architettura istituzionale italiana e compiendo quella che Viesti ha battezzato per primo, in un saggio edito da Laterza, «la secessione dei ricchi». «Dopo Veneto e Lombardia – ha detto infatti l'economista – sono pronti a chiedere più poteri e più soldi anche il Piemonte, la Liguria, la Toscana. Diventeremmo un Paese ridicolo, nel quale non si capisce chi comanda cosa. L'autonomia differenziata, scritta perché sia illeggibile dai cittadini – ha aggiunto Viesti – è un vulnus per la democrazia rappresentativa e ci renderà un Paese straccione e litigioso. Possiamo ancora cambiare».

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Innanzitutto assumendosi ciascuno le proprie responsabilità: «Questo vulnus è colpa nostra – ha detto infatti Decaro – perché se il centrosinistra avesse evitato di rincorrere la Lega sul federalismo fiscale, modificando il Titolo V della Costituzione, oggi non si starebbe parlando né di autonomia né di Calderoli. Dobbiamo spiegare ai cittadini cosa accadrà, portare degli esempi concreti. Ci deve essere una mobilitazione di popolo perché si sta cercando di spaccare l'Italia. Non si trovano poche decine di milioni chiesti dai Comuni per la perequazione e pensate sarà possibile trovare i miliardi necessari a finanziare i Livelli essenziali delle prestazioni? Non li troveranno».

Poi l'esempio concreto su come funzioni il meccanismo della spesa storica che, fino a oggi, ha permesso di dare di più a chi già aveva tanto. «Il trasporto pubblico locale è finanziato in base a quanto si spende – ha spiegato Decaro -. A Bari io sviluppo 10 milioni di chilometri e la Regione mi trasferisce 20 milioni di euro che arrivano dallo Stato. Firenze e Bologna per 19 e 21 milioni di chilometri ricevono 40 milioni di euro ciascuna. Naturalmente lì la corsa si aspetta al massimo dieci minuti e qui mezz'ora. Lo stesso accade per la sanità. Possiamo ancora sopportarlo? Io dico di no». E Decaro ha citato Franco Cassano: «La madre di tutte le autonomia è l'autonomia del pensiero e il Sud deve iniziare a pensarsi da sé e per sé, partendo da una grande mobilitazione».


A chiudere Stefanazzi, deputato Pd che si prepara a dare battaglia a Montecitorio dove il ddl Calderoli approderà nei prossimi giorni per il via libera definitivo dopo l'approvazione a Palazzo Madama. E pur riconoscendo «un contorno di inefficienza in tutte le amministrazioni», il parlamentare – già braccio destro e capo di Gabinetto di Michele Emiliano – ha rivendicato il percorso compiuto dalla Puglia e dal Mezzogiorno, «costretti, per il meccanismo di riparto dei fondi basato sulla spesa storica, a giocare a calcio otto contro undici». Poi ha puntato il dito contro il ministro Raffaele Fitto: «L'autonomia è soltanto l'atto finale di una serie di atti normativi con i quali si è voluto centralizzare la gestione dei fondi e delle opportunità per il Sud, per creare un sistema di clientele politiche. Non deve né può passare l'idea che una parte del Paese non competa come potrebbe per colpa del Mezzogiorno, non esiste una questione settentrionale. La mobilitazione contro l'autonomia differenziata serve a impedire che si aprano le porte a un conflitto violentissimo, che non sappiamo dire dove potrebbe portare». 
Un appello a pretendere una politica «fatta di riforme e concretezza» è stata infine la firma che Delli Noci ha voluto apporre al convegno di ieri. Denunciando come lo strumento bandiera delle politiche per il Sud del Governo, la Zes unica, sia oggi incagliato: «Dal primo gennaio gli Sportelli unici per le attività produttive dei Comuni dovrebbero girare ogni richiesta di insediamento ai commissari delle Zes, in attesa che diventi pienamente operativa la Zes unica, a partire da marzo. Si prevede che venga aperto un cassetto fiscale presso l'Agenzia delle entrate, ma per questo mancano ancora i decreti attuativi cioè le chiavi per aprire quel cassetto. Una partenza – ha concluso – non proprio brillante».

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