Mar Rosso, traffici bloccati dopo gli attacchi: allarme per l’acciaio. Timori per i prezzi

Mar Rosso, traffici bloccati dopo gli attacchi: allarme per l’acciaio. Timori per i prezzi
di Nando SANTONASTASO
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Domenica 14 Gennaio 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 09:48

L’allarme più forte al Sud è scattato a Gioia Tauro, in Calabria, uno dei tre porti italiani con Genova e Trieste che può accogliere le petroliere e le navi porta-container. Ma la drastica riduzione dei trasporti marittimi che dal Mar Rosso, a rischio agguati per gli attacchi degli Houthi, attraversano il Canale di Suez e il suo raddoppio per entrare nel Mediterraneo e raggiungere l’Europa, sta iniziando a far paura anche agli altri scali del Mezzogiorno. «Se lo scenario di guerra che si è delineato nel Mar Rosso durerà a lungo, gli effetti indiretti li subirebbero anche i porti che si sono sviluppati in questi anni soprattutto con il trasporto Ro-ro (le navi traghetto che trasportano veicoli gommati e carichi su pianali e contenitori scaricabili) come Napoli e Bari e comunque l’intera filiera dell’industria manifatturiera, non solo meridionale, che riceve i suoi prodotti via mare, visto che il Mediterraneo rappresenta per il Sud il 69% del traffico import-export di merci», dice Alessandro Panaro, curatore dell’annuale Rapporto sull’economia marittima di Srm, la Società di Ricerche e studi sul Mezzogiorno collegata al Gruppo Intesa Sanpaolo. 

Il sistema portuale


Oltretutto l’impatto avrebbe un doppio valore negativo considerando che negli ultimi tre anni la crescita del sistema portuale meridionale ha assunto proporzioni notevoli, con punte di espansione persino superiori a quelle registrate nello stesso periodo nei grandi porti del Nord: gli scali del Mezzogiorno, infatti, sono presenti ai vertici di tutti i settori (con punte del 51% in quelli del Ro-Ro, e delle Autostrade del mare). La “rimonta”, iniziata nel 2021, è apparsa, inoltre, una gran bella notizia in vista della sfida energetica che coinvolgerà tutta l’area euromediterranea e di conseguenza soprattutto il Sud. Eloquenti numeri del Rapporto 2023 di Srm: la performance dei porti del Sud in termini di import-export via mare è stata superiore a quella media nazionale e il valore per il territorio del traffico via mare è risultato maggiore di quasi 30 punti.
Tutto ciò, accompagnato anche dai lavori previsti in tutti i porti meridionali attraverso il Pnrr e gli investimenti logistici collegati alle Zes, rischia ora di subire una brutta battuta d’arresto e di riprodurre nel settore del trasporto marittimo le stesse angosce vissute nel 2021. «Il nostro Paese spiega Luigi Merlo, presidente di Federlogistica - ha bisogno di materie prime, ferro e acciaio soprattutto, ma anche di prodotti elettronici - e se si bloccano i commerci le conseguenze potrebbero essere devastanti. Per il momento i danni sono stati limitati perché le commesse, anche se ridotte, non si sono arrestate.

Ma più passa il tempo e più la questione rischia di peggiorare». Quanto tempo? Merlo fissa una scadenza: metà febbraio. «Se fra un mese la crisi non si sblocca e le navi cariche di approvvigionamenti non riprendono a circolare normalmente i programmi dei cantieri del Pnrr potrebbero risentirne, tanto da mettere in forte discussione gli obiettivi fissati per il 2026». 

I precedenti


Nel 2021 si temette il peggio dopo che il Canale di Suez, dal quale transita un volume di import-export italiano del valore di oltre 150 miliardi di euro, rimase bloccato per circa una settimana per l’incidente di un grosso cargo porta-container norvegese che paralizzò tutto il traffico. Già allora si nutrirono forti dubbi sulla capacità di resilienza degli scali del Sud, con sempre Gioia Tauro in testa, ma la fine dell’emergenza riportò il sereno fra operatori e spedizionieri che peraltro avevano già deciso, come adesso, di utilizzare altre rotte (come quella del Capo di Buona Speranza) per bypassare l’ostacolo. Tre anni fa il danno fu limitato, ora è molto difficile calcolare le conseguenze della nuova emergenza. Va tenuto presente, peraltro, che la sola Gioia Tauro, dove il colosso Msc è da anni iperattivo, ha raggiunto nel 2023 il record di 3 milioni e 500mila container movimentati, superando grazie al Consiglio superiore dei Lavori pubblici, anche i dubbi provenienti dall’Europa in materia ambientale e di riorganizzazione delle banchine. Non a caso nei giorni scorsi è stato il ministro degli Esteri Antonio Tajani a inserire il nome di Gioia Tauro insieme a quelli di Genova e Trieste per segnalare il pericolo che la situazione del mar Rosso può ingenerare nel Paese e nel Sud in particolare. Dice Zeno D’Agostino, presidente dell’Espo, l’Associazione dei porti europei e dell’Autorità del Mare Adriatico Orientale. «Se non si risolverà la situazione sicurezza, nel medio periodo ci potrebbe essere un cambio di rotte strutturale. È evidente che una nave che circumnaviga l’Africa in maniera sistematica non avrebbe interesse a raggiungere il Mediterraneo orientale o l’Adriatico e punterebbe invece direttamente sui porti del Nord Europa. Ma, a prescindere dall’Italia, ci sono in ballo interessi internazionali di così grande portata che penso e spero che tra fine gennaio e inizio febbraio i flussi torneranno regolari attraverso Suez». Di sicuro, al momento, l’impatto dei primi effetti economici sullo shipping mondiale calcolato da Srm registra un già preoccupante -4,6% che aggiunto al milione di dollari in più di spese di carburante per ogni nave che rinuncia al Mar Rosso, dà l’idea di cosa stia succedendo, persino a prescindere dall’inevitabile aumento del costo della bolletta petrolifera che si farà sentire nelle prossime settimane.

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