Il tribunale di Milano ha dichiarato lo stato d'insolvenza di Acciaierie d'Italia spa, come richiesto dal socio di minoranza Invitalia. La decisione del collegio presieduto dalla giudice Laura De Simone, presidente della sezione Crisi d'impresa, arriva dopo aver accertato l'«assoluta assenza di liquidità di cassa per la sopravvivenza» ed è la premessa per l'amministrazione straordinaria già richiesta da Invitalia al Mimit.
Il Tribunale fallimentare di Milano, oltre a dichiarare lo stato di insolvenza di Acciaierie d'Italia spa, come chiesto dal socio pubblico e dal Commissario straordinario Giancarlo Quaranta, ha respinto le richieste di AdI col socio privato di maggioranza ArcelorMittal che chiedeva, in sostanza, un concordato «in bianco» per tutto il gruppo.
E anche perché il management è esclusivamente in capo ad AdI spa e sarebbe quindi impossibile gestire un progetto ristrutturazione del gruppo senza AdI. Inoltre, il legale rappresentante delle altre tre è sempre Lucia Morselli. La richiesta di concordato per le altre tre società del gruppo è stata quindi dichiarata «inammissibile». Le altre tre, però, potrebbero entrare anche loro in una procedura di amministrazione straordinaria di gruppo.
La decisione
La decisione del tribunale di Milano ha, soprattutto, un risvolto economico al di là degli aspetti più tecnici. Se il decreto legge del 18 gennaio del 2024, numero 4 relativo a 'Disposizioni urgenti per l'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale in crisi e per lo sviluppo della città e dell'area di Taranto', impedisce che possano essere presentate o proseguite domande di accesso «ad uno degli strumenti di regolazione della crisi o dell'insolvenza» (da leggersi rispetto al no alle misure per le tre 'gregarie'), l'articolo 2 consente all'ex Ilva che «qualora le società che gestiscono gli impianti siano ammesse alla procedura di amministrazione straordinaria, possono essere concessi dal Ministero dell'economia e delle finanze uno o più finanziamenti a titolo oneroso della durata massima di cinque anni, in favore delle medesime società, nel limite massimo di 320 milioni di euro per l'anno 2024».