La sezione lavoro della Corte di Cassazione ha dichiarato "inammissibile" il ricorso proposto da Lea Cosentino, ex direttore generale della Asl di Bari, contro il licenziamento disposto nei suoi confronti nel 2009 con delibera della Regione Puglia sulla scorta di alcune inchieste giudiziarie sugli appalti nella sanità barese.
La decisione dei giudici
La Suprema Corte, con ordinanza, ha dunque confermato la sentenza della Corte d'Appello di Bari con cui, nel 2017, i giudici di secondo grado avevano sancito la legittimità del licenziamento da parte della Regione Puglia, ribaltando la sentenza di primo grado con la quale, nel 2015, il Tribunale di Bari aveva invece dichiarato illegittimo il licenziamento e condannato la Regione a un maxi-risarcimento dei danni nei confronti di Cosentino.
Nella sentenza di secondo grado, i giudici rilevarono "la estrema scorrettezza che ha permeato l'agire dell'avvocato Cosentino, la quale, rivestendo il delicato e rilevante incarico di direttore generale di un'importante Asl, ha partecipato con ruolo attivo ad una riunione (evidentemente non ufficiale) tra imprenditori usualmente interessati - se non coinvolti - agli appalti delle aziende sanitarie pugliesi al fine di programmare una spartizione in favore loro o di soggetti loro vicini". "Poco conta - scrissero ancora i giudici - che il disegno non sia stato portato a termine: è già indice di un agire scorretto da parte di un dirigente pubblico di tale livello l'aver partecipato a una riunione di tale contenuto". La partecipazione a questa riunione, avvenuta in un importante hotel di Roma, per i giudici "ha certamente incrinato il rapporto di fiducia assoluta che connota l'affidamento dell'incarico di direttore generale di Asl da parte della Regione".