Nel giorno del via libera della Camera che fa diventare legge il decreto sull’amministrazione straordinaria di Acciaierie d’Italia, l'ex Ilva di Taranto, ritorna la protesta degli operai dell’indotto (ieri mattina sotto la sede dell’associazione Aigi), ma si apre anche uno spiraglio sull’uso, da ora in poi, della cassa integrazione in fabbrica.
Cosa succede ora
Segnali contrastanti dunque.
La voce dei possibili investitori
«Anche se come imprenditori non siamo mai molto a favore dei commissariamenti, credo che in questa situazione fosse necessario avere una fase di questo tipo. Adesso è molto importate che i commissari capiscano bene qual è la situazione. È un lavoro che bisogna fare questi mesi e può farlo solo lo Stato con questa amministrazione straordinaria», osserva Emma Marcegaglia, a capo insieme al fratello Antonio dell’omonimo gruppo siderurgico. Ma potranno esserci cordate industriali italiane per Acciaierie? «È troppo presto per dirlo - sottolinea Marcegaglia -, bisogna prima capire quali sono le reali condizioni. Italiana o internazionale, l’importante è che l’Ilva rimanga aperta, competitiva e in grado di produrre acciaio».
Mentre Yuriy Ryzhenkov, ceo del gruppo ucraino Metinvest dato per interessato ad Acciaierie, precisa che «siamo fornitori e clienti di Taranto, al momento questo è il rapporto che abbiamo. Vedremo come va. Nessuna trattativa e penso che al momento nessuno lo sia ancora. È stata avviata l’amministrazione straordinaria e serve un po’ di tempo per studiare la situazione. Ovviamente saremo felici di esaminarla».
La protesta dell'indotto
Ma tra rassicurazioni (Urso) e scenari futuri (Marcegaglia e Ryzhenkov), irrompe la tensione degli operai dell’indotto. Ieri un centinaio di persone si sono radunate sotto la sede di Aigi in viale Virgilio. «Prendiamo mille euro al mese, lavoriamo tra le polveri, siamo martoriati dal contratto che abbiamo e ci portiamo anche le malattie con mille euro al mese - dicono Giacomo Mastro e Francesco Ussia a nome dei lavoratori di Gea Power ed Evoluzione Ecologica che si occupano di pulizie industriali -. A livello di paga, sinora non ci è mancato niente, ma vogliamo tornare al lavoro. Anche i commissari stanno dicendo: tornate al lavoro. Capiamo che le imprese devono recuperare i crediti, hanno i loro problemi come noi i nostri, che sono tanti e seri, ma intanto sblocchiamo il lavoro alle persone. Siamo fermi da metà gennaio. Ora, nelle aziende che anticiperanno la cassa integrazione, i lavoratori sono fortunati, ma in quelle che non hanno forza, i lavoratori resteranno senza niente, visto che la cassa non è stata ancora autorizzata. Già ci sono aziende che nelle settimane scorse hanno detto agli operai, venite e presidiate con noi la portineria, che vi paghiamo lo stesso, e invece quelle giornate non sono state pagate». Ai lavoratori, Fabio Greco, presidente di Aigi, dichiara che «la situazione è complessa. Volevamo fare altre manifestazioni e blocchi, ma siamo stati i primi a dire stiamo calmi. Ritengo che il decreto sanerà la cassa integrazione e le imprese ripartiranno. Stiamo discutendo di accordi con Governo e Sace. L’intenzione per Taranto è di ripartire e pagare per quello che si riuscirà. Ci sarà un’intesa per il nuovo con un acconto a 30 giorni. Aspettiamo ora il ministero e i commissari, un’azienda ha già messo in moto i camion nonostante avanzi milioni, ma se venerdì non abbiamo risposte, non ci sono più interlocuzioni istituzionali».
I dipendenti diretti
Intanto, per la cassa integrazione in Acciaierie, che interessa il 30 per cento del personale dipendente, l’azienda apre a un diverso rapporto con i sindacati. Via al confronto e stop al sistema attuato sinora. Ieri si è svolta una call. Sono stati programmati incontri specifici per esaminare la situazione e vedere come intervenire. Si parte il 18 marzo dalle officine centrali e staff, si prosegue il 20 con le aree acciaierie e altiforni, quindi il 21 la conclusione con la laminazione, la logistica e gli enti centrali. Fim, Fiom e Uilm dichiarano di aver “posto i temi riguardanti la corretta gestione della cassa integrazione che deve essere equa nella distribuzione”. Infine, annunciano i sindacati, “sul tema delle ferie tramutate in cassa, pratica utilizzata in maniera unilaterale dalla gestione precedente e denunciata a tutti i livelli, l’azienda ha dichiarato che non si verificheranno più tali circostanze”.