Michele Misseri, il racconto della detenzione: «Ha frequentato diversi corsi. Sarah? Ha sempre detto di averla uccisa»

Michele Misseri, il racconto della detenzione: «Ha frequentato diversi corsi. Sarah? Ha sempre detto di averla uccisa»
di Roberta GRASSI
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Lunedì 12 Febbraio 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 13 Febbraio, 14:15

Lo sguardo dritto, perso nel vuoto. I baffi, il volto un po’ più paffuto rispetto ai tempi del cappellino da pescatore e delle mille interviste. Zio Michele, al secolo Michele Misseri, 70 anni, ha lasciato ieri mattina il carcere di Borgo San Nicola, a Lecce, dove ha scontato la sua pena: otto anni per la soppressione del cadavere di Sarah Scazzi. «Preferivo morire io, al suo posto», è stato il mantra dei lunghi giorni trascorsi in cella, nel reparto protetto a cui vengono destinati coloro che sono dentro per reati particolari. «Non voleva uscire», raccontano i poliziotti penitenziari. 
Erano le 7.17 quando l’enorme portone blu della casa circondariale si è aperto. Lì davanti una Jeep Renegade bianca, guidata dall’avvocato Luca Latanza. Pochi istanti, una manovra rapida. E poi via, dribblando le telecamere dei giornalisti che si erano assiepati lì davanti sin dalle prime ore del mattino. 
Michele Misseri era seduto davanti. Non si è voltato, non ha rilasciato alcuna dichiarazione a caldo. La posizione è chiara: «Sabrina e Cosima sono innocenti», ma queste sono le sue verità, da far giungere a destinazione nei modi e nei tempi stabiliti. 
La cronaca, è quella di una giornata spartiacque. Lo zio di Avetrana ha “dovuto” interrompere la sua routine, tutto sommato protetta, del soggiorno in cella. 

I corsi

«L’ho incontrato diverse volte, sempre molto educato e rispettoso delle regole», racconta l’ispettore della Penitenziaria, Ruggiero Damato, che è anche il segretario regionale del sindacato Osapp Puglia. 
Nella stanza, condivisa con un altro detenuto, c’erano i santini per pregare. Ha sostenuto gli studi per raggiungere il diploma di terza media. Pochi gli strumenti culturali, ma un’enorme propensione alla manualità, alla fatica che lo ha “salvato” dal nulla delle interminabili ore da scontare in carcere. Un corso di falegnameria. I lavori di giardinaggio e di coltivazione degli ortaggi, una attività a cui ha potuto dedicare tutto se stesso, nato con le mani nella terra. Le preghiere in chiesa, dove pure si è impegnato in piccole opere di sistemazione. 
Chi, per forza di cose, gli è stato accanto in questi anni, riferisce di aver ascoltato da lui numerose versioni sul delitto del 2010 per cui moglie e figlia sono state condannate all’ergastolo. Ma sempre finalizzate ad affermare l’estraneità ai fatti delle due donne. E tratteggia anche un profilo di persona “succube” di figure “dominanti” nella sua vita.
«Ha sempre detto di voler morire, di voler restare recluso. Credo avesse timore di ciò che c’è fuori. Del resto - dice ancora Damato - il carcere, per come è concepito, non assolve alla sua funzione di rieducazione e di reinserimento nella società. Questo vale per tutti e anche per lui che, a prescindere dalle accuse e dai processi, tornerà libero ma completamente solo. Il carcere è un’esperienza che nessuno vorrebbe fare, nella vita. Ma quando si esce, talvolta, è ancora più complicato». 
Una verità che non è stato difficile leggere nella cronaca della giornata di ieri. I movimenti rapidi e fugaci per lasciare l’istituto, che si presupponeva sarebbe stato preso d’assalto dai cronisti. L’auto con i vetri scuri che si fa largo tra microfoni e obiettivi alle 7 del mattino, una destinazione incerta. Prima di lasciare Borgo San Nicola, Misseri ha dichiarato come domicilio via Deledda, la via tristemente nota non solo perché snodo centrale dell’intera vicenda Scazzi. Ma anche perché da luogo di lacrime e disperazione si è presto trasformata in location per selfie e per turismo “noir” di dubbio gusto. 
Ha detto che tornerà a vivere lì, ma non immediatamente. Quel che resta della narrazione della giornata in cui zio Michele ha riacquistato la libertà, anticipata rispetto al fine pena fissato nel 2025 per via degli sconti e dei benefici che maturano con la buona condotta, è un veloce transito in macchina. La testa alta, gli occhi che fissano l’orizzonte, forse solo per evitare di doversi imbattere nelle domande a cui stavolta non ha voluto rispondere. 
Tempo per parlare ce ne sarà in abbondanza, da ieri in poi. Su una vicenda processualmente già definita, fino alla Cassazione. Con una pena, quella per soppressione di cadavere, che Misseri ha scontato per intero: otto anni, per aver buttato via il cadavere della povera Sarah nel pozzo in cui fu egli stesso a farla ritrovare.
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