Enel verso la chiusura: «La società non esclude di dismettere e bonificare l'area, per un costo di 500 milioni»

La centrale Enel "Federico II" di Cerano
La centrale Enel "Federico II" di Cerano
di Francesco RIBEZZO PICCININ
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Venerdì 15 Marzo 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 06:58

Consiglio comunale e amministrazione aspetteranno ancora un mese per verificare se davvero Enel presenterà un piano di investimenti per il sito produttivo di Brindisi.

L'ipotesi del decommissioning

Ma si fa sempre più strada, a quanto pare anche tra i vertici dell’azienda, l’idea che alla fine il destino della centrale “Federico II” e dell’area occupata dagli impianti possa essere quello della dismissione tout court e della bonifica. A riferirlo, come voce di corridoio, durante la conferenza dei capigruppo di ieri mattina è stato il sindaco Giuseppe Marchionna, il quale avrebbe avuto notizia che l’amministratore delegato di Enel Flavio Cattaneo avrebbe chiesto ai tecnici della società di quantificare il costo di un’eventuale decommissioning del sito della centrale di Brindisi, che secondo le stime di Enel costerebbe almeno 500 milioni di euro. Mentre secondo diversi consiglieri si tratterebbe di una cifra almeno doppia.

Rossi: avviare subito l'iter autorizzativo

«Il primo piano - ricorda il capogruppo di Brindisi Bene Comune e Alleanza Verdi-Sinistra, nonché ex sindaco, Riccardo Rossi - che è stato presentato, dopo tre anni possiamo dire che è stato completamente disatteso. In quel progetto di riconversione, si prevedevano una serie di azioni che, già allora, non erano sufficienti. Tre anni fa si parlava di Act Blade, Standex, della Zona franca doganale. Fino ad oggi, però, non si è visto nulla. A questo punto, quindi, penso che con Enel si debba davvero parlare di decommissioning, chiedendo comunque al governo che siano realizzate delle iniziative. Ma Enel deve avviare l’iter autorizzativo, perché se la centrale potrà funzionare fino al 31 dicembre 2025, si deve cominciare oggi a progettare il decommissioning, non si può certo cominciare l’uno gennaio 2026». I presunti 500 milioni stimati, ad ogni modo, «sarebbero sicuramente insufficienti. Ce ne vorranno come minimo 800 e siccome parliamo di un intervento che non si fa in un giorno, avremmo per diversi anni, almeno sette o otto, centinaia di posti di lavoro.

Cosa che darebbe il tempo di valutare altre soluzioni. Dopo di che ci sarebbe un’area utilizzabile per altre iniziative».

Cannalire: un mese per decidere

Enel, per il capogruppo e segretario cittadino del Pd Francesco Cannalire, «ha l’obbligo di “riconvertire” attivando percorsi di riqualificazione professionale e produttiva che dovranno essere obbligatoriamente guidati dalla multinazionale. Il vero punto debole che lascia esterrefatti, d’altronde, è la mancanza di programmazione, di visione e di risolutezza da parte di una società multinazionale, per di più di Stato, come Enel. Da tre anni discute all’interno delle proprie strutture di un piano di sviluppo da sottoporre alla comunità brindisina che non è mai andato oltre annunci roboanti. Per questo entro un mese deve decidere se rimanere investendo cospicue risorse per un piano di sviluppo industriale serio e duraturo o, come ventilato da qualcuno dei vertici, di disimpegnarsi totalmente mediante lo smantellamento e la bonifica di tutti i siti territoriali a partire dalle aree portuali e retroportuali», un riferimento a quanto svelato dal sindaco durante la riunione di ieri. «Decidano in fretta, il territorio e tutto il tessuto economico-produttivo - conclude - non possono rimanere ostaggio di Enel».

Luperti: il sistema industriale crolla

Il Consiglio aspetterà ancora un mese (meno, in realtà, considerato che il conto alla rovescia è partito nel giorno della riunione del Tavolo sulla decarbonizzazione), conferma il capogruppo di Uguaglianza Cittadina Pasquale Luperti, «per verificare eventuali proposte. Vedremo cosa decidono ma quello che è certo è che sarebbe importante essere uniti su argomenti così importanti, considerato che il sistema industriale a Brindisi ormai è crollato. Anche Jindal, dopo gli altri, troverà l’occasione per andarsene. Ed Enel sembra accelerare verso la dismissione definitiva. Ora dobbiamo essere bravi ad attirare investimenti, visto che abbiamo una zona industriale immensa. Ma è la politica a decidere cosa va fatto e dove, per evitare problemi come quello che abbiamo oggi con Edison. Il punto è la mancanza di un disegno definitivo per una città che non riesce a decollare e viene sfruttata e poi abbandonata da tutti».

Di Donna: hanno avuto tanto dal territorio

Una linea comune, quella dell’aut aut, non solo all’opposizione. «Non potevamo - sottolinea per Forza Italia Nicola Di Donna facendo riferimento al mese di attesa. - dire di no, anche perché sono quarant’anni che prendono tempo. Dopo di che o avremo una risposta o non sarà più possibile tollerare una situazione del genere. Enel ha avuto tanto da questo territorio, ed ha lasciato davvero poco se non devastazione. Ci auguriamo che loro tengano conto di questa situazione e possano fare degli investimenti tali da confermare, se non ampliare, gli attuali livelli occupazionali. Diversamente, occorre smontare tutto e bonificare. Non li lasceremo certo andare via senza smontare nulla».

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