Una relazione di oltre 100 pagine consegnata al ministro per gli Affari regionali e le Autonomie Roberto Calderoli è il risultato del lavoro compiuto dal Comitato per l’individuazione dei Livelli essenziali delle prestazioni (Clep), ovvero - per dirlo con le parole del ministro leghista - di «quei diritti civili e sociali che il cittadino italiano può pretendere dai vari soggetti costituenti la Repubblica». L’individuazione dei Lep, propedeutica al varo dell’autonomia differenziata, appare però incompleta e monca proprio negli ambiti che, più di altri, andrebbero squadernati per garantire uguali diritti, ma ancora prima per colmare divari profondi che già esistono fra Nord e Sud del Paese. Su tutti, la scuola e la sanità. E a dirlo sono gli stessi esperti componenti il Comitato presieduto dal giurista, già giudice della Consulta, Sabino Cassese. «L’estrema ristrettezza del tempo disponibile - scrivono infatti i componenti del gruppo che ha esaminato il tema sanità - ha impedito di discutere con la compiutezza che sarebbe stata indispensabile» e che «in sede plenaria il sottogruppo non è riuscito a individuare una metodologia e una definizione condivisa di Lep». Di certo, però, «il Clep non ha alcun dato sulle risorse finanziarie disponibili» per trasferire i Livelli essenziali dai documenti ufficiali nella realtà e nella vita quotidiana dei cittadini e «tali risorse destinate al soddisfacimento dei diritti civili e sociali non sono un dato, ma un risultato, ovvero il precipitato di scelte politiche che compiranno Governo e Parlamento». Tradotto: qualsiasi elenco di Lep, senza interventi specifici di copertura finanziaria da parte di chi governa, resterà niente altro che un libro dei sogni.
Il nodo dei Lea
Peraltro, sul fronte sanitario, si è consumato quello che potrebbe essere definito uno “sgarbo” istituzionale.
Gli altri fronti
Mentre si attende una risposta su uno dei nodi più intricati della discussa riforma regionalista, il Clep ha individuato poi altri Lep in tema di tutela e sicurezza del lavoro, previdenza complementare e integrativa; ricerca scientifica e tecnologica, innovazione dei settori produttivi e ordinamento della comunicazione; protezione civile e governo del territorio; produzione trasporto e distribuzione dell’energia, tutela dell’ambiente.
L’altro fronte caldo è la scuola. Per calcolare i Livelli essenziali delle prestazioni sono stati considerati alcuni parametri di riferimento, come la popolazione scolastica, i dati del dimensionamento scolastico, la numerosità degli studenti fragili e del corpo docente. Fra i lep individuati, «il diritto-dovere all’istruzione e la definizione della rete scolastica; l’articolazione e la struttura dei cicli scolastici; il sistema integrato 0-6 anni; l’esame di stato, il reclutamento e la formazione del personale, l’edilizia e la digitalizzazione, il diritto allo studio». Anche in questo caso, però, nessun riferimento alle risorse disponibili e ai divari da colmare, né al parametro della povertà educativa, molto più elevata al Sud, dove la scuola non è soltanto il luogo dove esercitare il proprio diritto ad apprendere, ma è un argine al crescente disagio sociale.