Livelli essenziali delle prestazioni: lo Stato deve garantirne il finanziamento e assicurarne l'effettiva erogazione «anche ricorrendo al commissariamento», perché riguardano tutte le prestazioni collegate alla tutela dei diritti civili e sociali da garantire sull'intero territorio nazionale. Dunque, nessuna autonomia differenziata andrebbe attuata senza certezze sui fondi a copertura dei Lep. Lo ha chiarito, ancora una volta, l'Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) che con il consigliere Giampaolo Arachi è stato ascoltato in Commissione parlamentare per le questioni regionali proprio sul tema dei Lep. Un intervento, il suo, arrivato alla vigilia dell'approdo alla Camera, oggi, del ddl Calderoli sull'autonomia differenziata che il Governo e la maggioranza di centrodestra puntano a licenziare entro la fine del mese o, al più tardi, ai primi giorni di marzo. Un ddl criticato da autorevoli costituzionalisti, da associazioni e fondazioni che si occupano di politiche pubbliche e divari territoriali e osteggiato apertamente dai sindacati e da buona parte della classe dirigente meridionale, pronta a scendere in piazza, in Puglia, già domani.
I rilievi dell'Ufficio parlamentare di bilancio
Ma cosa ha detto l'Ufficio parlamentare di bilancio? Innanzitutto che «l’introduzione di Lep che implichino l’aumento dei livelli delle prestazioni nelle realtà più deficitarie richiederà necessariamente il reperimento di risorse per finanziarli, che, dati i vincoli di bilancio, potrà avvenire attraverso una redistribuzione di quelle esistenti fra gli Enti interessati attraverso i meccanismi perequativi, oppure con tagli alla spesa delle Amministrazioni centrali o, infine, con aumenti della pressione fiscale». Dunque tre sono le opzioni per reperire risorse secondo l'Upb: redistribuire le risorse e dunque trasferirne dal Nord – che oggi fa man bassa – al Sud; tagliare la spesa dello Stato centrale oppure aumentare le tasse. Tre percorsi difficilissimi da seguire e ai quali si aggiunge la necessità di garantire al Mezzogiorno «adeguate dotazioni infrastrutturali». E perché questa sottolineatura? Perché per la realizzazione effettiva dei Lep sono essenziali «la perequazione infrastrutturale, un efficace e attento monitoraggio e un sistema incisivo di correttivi sugli Enti inadempienti». Con riferimento al primo punto, l'Upb ribadisce «l’estremo ritardo nell’attuazione della perequazione infrastrutturale». Originariamente prevista dalla Legge sul federalismo fiscale del 2009 che porta la firma proprio dell'attuale ministro per le Autonomie, Roberto Calderoli, la perequazione infrastrutturale – sostanzialmente inattuata per un decennio - è stata riavviata con un decreto legge del 2021, ma «a distanza di due anni dalla data fissata per il termine della ricognizione – scrive Upb - quest’ultima non è stata ancora presentata e la dotazione finanziaria del Fondo per la perequazione infrastrutturale, originariamente pari a 4,6 miliardi, è stata ampiamente ridimensionata».
Il gap “congelato”
Il divario infrastrutturale, peraltro, «ha conseguenze anche in ambito sanitario, limitando la capacità di erogazione dei Lea e favorendo il fenomeno della mobilità sanitaria dei pazienti, con riflessi sociali e finanziari», come evidenziato nel report di Save the children di cui scriviamo nella pagina accanto. E nonostante le ripetute rassicurazioni dello stesso ministro Calderoli, «le procedure di determinazione dei Lep, introdotte dalla legge di bilancio per il 2023 e rivisitate dal ddl sull’autonomia differenziata – scrive Upb - appaiono essenzialmente orientate alla sistematizzazione dell’esistente, attraverso il riconoscimento come Lep di obblighi già presenti nella legislazione vigente in maniera esplicita o implicita».
Ancora. In assenza di una corretta individuazione dei Lep, «la fiscalizzazione dei trasferimenti potrebbe generare significative riallocazioni di risorse fra Regioni». Un esempio: la spesa di parte corrente per il trasporto pubblico locale – che è esclusa da quelle che saranno considerate ai fini Lep – è attualmente finanziata attraverso il Fondo nazionale per il trasporto pubblico locale. Se non verranno definiti i Lep, le stesse risorse, dopo la fiscalizzazione dei trasferimenti, saranno perequate parzialmente sulla base delle capacità fiscali. E così la nuova ripartizione delle risorse fra le Regioni «potrebbe non essere coerente con gli effettivi fabbisogni, con possibili ripercussioni sulla capacità delle Regioni di assolvere ai contratti di servizio di trasporto».
Di più. Con il ddl Calderoli si rischia di rallentare l’attuazione della riforma del finanziamento delle Regioni a statuto ordinario (RSO), inserita come abilitante nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e da completare entro il primo trimestre del 2026. Tale riforma, già prevista nel 2011, è rimasta inattuata anche per l’assenza dei Lep e dei relativi fabbisogni, cardine di meccanismi perequativi che sembrano non essere più fra le priorità.